È il giorno della verità per il Conte-bis. Dalle 9 alle 18 gli iscritti del M5S esprimeranno attraverso la piattaforma Rousseau il loro gradimento in merito all’alleanza di governo e lo faranno rispondendo a un quesito secco e preciso: “Sei d’accordo che il Movimento 5 Stelle faccia partire un governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?”.
Le tante critiche al sistema Rousseau
Sotto il quesito sono riportate le due opzioni, ma il bottone per votare No veniva prima di quello del Sì. Subito dopo la diffusione della (oggettivamente sgradevole) notizia i tecnici pentastellati sono comunque prontamente intervenuti per invertire i due pulsanti. Inoltre, in questi giorni da più parti è stato rilevato che la domanda agli iscritti si presenta oggi ben più esplicita e netta rispetto a quanto richiesto il 18 maggio 2018, quando non si citava esplicitamente la Lega, ma si richiedeva solo l’approvazione del “contratto del governo del cambiamento”. Infine, sono stati in tanti a ricordare i rilevanti “lati oscuri della piattaforma Rousseau”, legati sia a una gestione informatica portata avanti sostanzialmente da una società privata, sia alle pecche di sicurezza rilevate dall’hacker R0gue_0, sino ad arrivare ai pesanti rilievi del Garante privacy in termini di protezione di dati personali e di mancanza di certificazione di parte terza sulla tenuta informatica del sistema e sull’attendibilità dei suoi risultati.
Credo sia giusto comunque riferire che a queste critiche è seguita una replica da parte del Movimento che ha cercato di evidenziare come la piattaforma sia di nuova fattura e i risultati sono certificati da un notaio. Permangono in realtà un bel po’ di problematiche tecniche di sicurezza informatica ad oggi sostanzialmente irrisolvibili per qualsiasi piattaforma di e-voting e che di certo non può risolvere la successiva attestazione notarile sugli esiti del voto.
Le opportunità (ancora inespresse) della democrazia diretta online
Ma non è di queste critiche che voglio occuparmi, perché credo che sia doveroso spezzare una lancia a favore del M5S e del suo metodo pur migliorabile e ancora embrionale di partecipazione diretta degli iscritti alle decisioni del partito (chiamiamolo partito perché di questo si tratta nel momento in cui si siede in Parlamento). Perché è giusto anche ricordare come l’uso di uno strumento informatico per coinvolgere e far esprimere un popolo “qualificato” (quale quello degli iscritti ad un partito è nella sua voglia di politica partecipativa) rimane uno strumento straordinario di democrazia diretta (pur – lo ripeto – ancora a livello embrionale) e, quindi, esso costituisce una prima (pur ancora timida) forma di attuazione dell’art. 49 della nostra Costituzione, laddove dal 1948 si richiederebbe invano a (tutti) i partiti di garantire che i cittadini possano concorrere con metodo democratico alle determinazioni di politica nazionale. Effettivamente nessun partito garantisce nei suoi statuti un’organizzazione efficacemente democratica a tutela degli iscritti e quindi del suo popolo. E questo è e rimane gravissimo.
Del resto (non posso non riferirlo), lo stesso M5S utilizza la piattaforma sporadicamente, a volte in modo dimostrativo (o per togliersi dagli impicci di scelte troppo delicate) e non come strumento reale, sistematico e convinto di consultazione costante finalizzato a garantire così la partecipazione attiva della base in ogni scelta rilevante a livello di politica nazionale. Siamo del resto lontani anche solo a riflettere seriamente su questa necessità prevista dalla nostra Costituzione e oggi resa teoricamente possibile dagli strumenti informatici. Anzi ci limitiamo a smascherare le “nefandezze” della piattaforma, senza quanto meno renderci conto dell’opportunità concessa agli iscritti.
E comunque la piattaforma Rousseau è e dovrebbe essere valutata per ciò che è: uno strumento di consultazione della base con inevitabili ricadute nelle scelte politiche del partito. Perché allora ci stupiamo se poi quel partito dovrà prendere atto di quanto deciso dal suo popolo? Dovremmo al massimo stupirci del contrario, se avvenisse. Del resto, il “metodo democratico” sollecitato dalla nostra Costituzione in modo purtroppo ambiguo (e nelle pieghe di questa ambiguità hanno marciato i partiti nelle stanze – queste sì molto oscure – delle decisioni) non richiede la partecipazione di tutto il popolo italiano in ogni scelta politica nazionale, ma solo del popolo più qualificato perché ha deciso di impegnarsi in politica iscrivendosi attivamente ad un partito. Questo non possiamo dimenticarlo.
E quel popolo dovrebbe essere considerato in realtà più avveduto e consapevole di chi invece si disimpegna, anche se oggi amaramente è proprio quel popolo più impegnato a essere facilmente denigrato, perché poco imparziale nelle sue scelte. In realtà siamo tutti orientati e allo stesso tempo astrattamente liberi di decidere chi votare (o anche non votare), ma non sempre ci è consentito di farlo. Anzi.
E forse pensare che questi trabocchetti da qualcuno svelati – di anticipare un SÌ ad un NO in un quesito o peggio di inserire nello stesso quesito in evidenza (e trasparenza) il nome del Pd quale partner di un possibile e futuro governo – possano influenzare realmente il voto consapevole di un iscritto pentastellato dovrebbe apparirci irriguardoso per i tanti attivisti del Movimento, i quali andrebbero invece rispettati nel loro impegno. E l’impegno politico, la fiducia verso un partito (anche se tante, troppe volte viene poi tradita) andrebbe sempre rispettata.
Insomma e per concludere, voglio pensare oggi che il popolo del M5S saprà scegliere per il meglio e saprà essere più intelligente dei suoi “Capi” che hanno comunque deciso – e gli va riconosciuto – di consentire questa importante partecipazione, seppur edificandola con strumenti e su una piattaforma che meriterebbero maggiore attenzione e rispetto della sicurezza.