Uno su tre dice di essere stato vittima di atti di bullismo online, uno su 5 di aver lasciato la scuola proprio per questo. E’ il risultato di un maxi-sondaggio condotto dall’Unicef con un campione di oltre 170mila ragazzi di età compresa fra i 13 e i 24 anni di 30 Paesi diversi, che hanno allarmato il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia e i partner della ricerca. Viene segnalato anche il fatto che il problema della violenza su internet coinvolge in pari misura anche i Paesi a basso reddito. I numeri riportati dal sondaggio hanno generato una richiesta da parte dell’Unicef di un’azione che coinvolga istituzioni, famiglie, scuole e società informatiche, al fine di contrastare il problema, soprattutto attraverso la prevenzione.
I RESPONSABILI – Attraverso il sondaggio, sono state fatte ai ragazzi, via sms e messaggistica istantanea, una serie di domande relative alle loro esperienze. In particolare è stato chiesto loro dove avvengono più frequentemente e chi credono che sia responsabile di porne fine. Circa il 32% crede che i governi dovrebbero essere responsabili di porre fine al cyberbullismo, il 31% ritiene che spetterebbe gli stessi giovani e il 29% ha risposto le società di internet. “Uno dei messaggi chiave che emerge chiaramente dalle loro opinioni è la necessità di coinvolgimento e collaborazione”, ha dichiarato Najat Maalla Mjid, rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu sulla violenza contro i bambini. “Questa impresa ci unisce tutti, e dobbiamo condividere le responsabilità collaborando”. Come parte della campagna dell’Unicef per porre fine alle violenze a scuola e nei dintorni, i bambini e i giovani da tutto il mondo hanno redatto nel 2018 un manifesto contro il bullismo. Le richieste di aiuto per sentirsi più al sicuro erano rivolte ai governi, agli insegnanti, ai genitori e ai coetanei stessi.
DALLA SCUOLA AI SOCIAL NETWORK – Parlando apertamente e in anonimato attraverso la piattaforma Unicef per il coinvolgimento dei giovani (U-Report), circa tre quarti degli adolescenti hanno dichiarato che i social network, fra cui Facebook, Instagram, Snapchat e Twitter, sono i luoghi in cui si verifica più comunemente il bullismo online. “Avere classi ‘connesse’ significa che la scuola non finisce più quando l’alunno esce dall’aula, e, sfortunatamente, non finisce nemmeno il bullismo scolastico”, ha dichiarato il Direttore generale dell’Unicef Henrietta Fore. “Migliorare l’esperienza formativa dei giovani significa dar conto dell’ambiente che incontrano, sia online sia offline”. “In tutto il mondo, i giovani ci stanno dicendo che sono stati bullizzati online, che ciò sta colpendo la loro istruzione e che vogliono che finisca”, ha aggiunto Fore. “Nell’anno del 30esimo anniversario della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dobbiamo assicurarci che i diritti dei bambini siano in prima linea nella sicurezza digitale e nelle politiche di protezione”.
NON SOLO NEI PAESI AD ALTO REDDITO – Il cyberbullismo tra i compagni di classe, al contrario molti pensano, non è un problema solo dei Paesi ad alto reddito. È una delle rivelazioni del sondaggio. Sono giovani sui quali sono stati raccolti i dati provengono da Albania, Bangladesh, Belize, Bolivia, Brasile, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Equador, Francia, Gambia, Ghana, Giamaica, India, Indonesia, Iraq, Kosovo, Liberia, Malawi, Malesia, Mali, Moldavia, Montenegro, Myanmar, Nigeria, Romania, Sierra Leone, Trinidad e Tobago, Ucraina, Vietnam e Zimbabwe. Una serie di nazioni che ne comprende anche parecchie a baso reddito, coinvolti al pari di quelli ricchi dalla problematica del cyberbullismo. Il 34% dei rispondenti in Africa subsahariana, per esempio, ha dichiarato di esserne stato vittima. Nella stessa area circa il 39% ha dichiarato di sapere che esistono gruppi privati online all’interno della comunità scolastica in cui i bambini condividono informazioni sui loro coetanei a scopo di bullismo.
SUGGERIMENTI PER LA PREVENZIONE – Per porre fine al bullismo e alla violenza a scuola e negli altri ambienti frequentati dagli adolescenti, l’Unicef e i partner chiedono azioni immediate di diversi settori. Sul versante istituzionale si chiedono misure che vanno dall’attuazione di politiche per proteggere i bambini e i giovani dal cyberbullismo e dal bullismo, alla creazione e dotazione di help line nazionali per supportarli. Al settore del web si propongono invece l’avanzamento degli standard e delle pratiche etiche per i provider dei social network, specialmente per quanto riguarda la gestione dei dati, e la raccolta di dati migliori e disaggregati sul comportamento dei bambini e dei giovani online per fornire informazioni per le politiche e le direttive. Ma soprattutto , il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, ha sottolineato l’importanza di formare gli insegnanti e i genitori per prevenire e rispondere al cyberbullismo e al bullismo, in particolare per i gruppi vulnerabili.
LA PREVENZIONE IN ITALIA – in tema di prevenzione, l’Unicef Italia ha dedicato una particolare attenzione al tema del bullismo e del cyberbullismo elaborando uno specifico kit didattico per le scuole dal titolo “Non perdiamoci di vista”. Il suo scopo è quello di accrescere la consapevolezza dei rischi legati alle violenze on line e non, con la realizzazione di percorsi educativi che consentano ai ragazzi di sviluppare empatia e solidarietà attraverso una riflessione sul modo in cui costruiscono e vivono le loro relazioni. Non solo: l’Unicef Italia ha anche realizzato – insieme a Unicef Malesia, Digi e Telenor Group – una guida per genitori su come parlare di Internet ai figli. Insieme all’Associazione CamMiNo, il Fondo della Nazioni Unite per l’Infanzia in Italia, ha avviato in 7 scuole superiori il progetto “Legalità”, con un focus sulla sicurezza in rete, che prevede approfondimenti giuridici, psicologici, pedagogici e tecnico-informatici.