L'inchiesta, da quanto si è saputo, va verso l’archiviazione perché oltre all’ipotesi di morte per un avvelenamento doloso sono state escluse anche responsabilità mediche
Imane Fadil, una delle testimoni chiave delle inchieste sul caso Ruby, è morta per una aplasia midollare della quale, comunque, sono ancora in corso di accertamento le cause esatte. È quanto è stato spiegato in Procura a Milano dagli inquirenti che proprio oggi, dopo più di sei mesi dal decesso, hanno dato il nullaosta alla sepoltura. L’inchiesta, da quanto si è saputo, va verso l’archiviazione perché oltre all’ipotesi di morte per un avvelenamento doloso sono state escluse anche responsabilità mediche.
La malattia, stando alla scheda della Ail (Associazione italiana contro le leucemie), si distingue in due forme: acquisita (80%) e congenita (20%). Nel primo caso “si operano altre due distinzioni a seconda dell’origine della malattia: idiopatica quando le cause sono ignote (80% dei casi), secondaria quando invece queste sono note (20%). Per quanto riguarda la seconda origine “si origina a seguito di reazioni di ipersensibilità a farmaci o a seguito di esposizione ad agenti chimici, radiazioni ionizzanti ma anche, occasionalmente, a virus. Nel caso dei farmaci si è visto che le eventuali reazioni possono avvenire anche a distanza di diversi anni dall’esposizione primaria”.
La modella era deceduta lo scorso 1 marzo all’ospedale Humanitas di Rozzano. La procura di Milano, lo scoros aprile, aveva concesso una proroga di tre mesi ai consulenti, guidati dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, incaricata col suo pool dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Luca Gaglio e Antonia Pavan di chiarire perché è morta. Tra le ipotesi al vaglio c’erano l’avvelenamento per intossicazione da metalli o la morte naturale per una malattia fulminante. A fine marzo erano o iniziati gli accertamenti degli esperti sul cadavere della giovane dopo che esami più approfonditi avevano escluso la presenza di radioattività negli organi della modella, radiazioni che erano state, invece, rilevate in analisi sulle urine e sul sangue. Il quesito, a cui gli esperti nominati dalla procura dovevano rispondere nell’inchiesta che era stata aperta per omicidio volontario, prendeva in considerazione ogni aspetto: perché era stata trovata una massiccia concentrazione di cadmio, antimonio e cromo). Si era ipotizzata anche una forma rarissima di aplasia midollare) come confermato oggi.