Quello che emerge da queste giornate di palazzo è che la svolta sembra davvero a portata di mano. Il governo nato dopo il 4 marzo era il primo governo geografico della Repubblica a cui nessuno dei protagonisti in campo poteva sottrarsi. Era un punto di caduta costituzionale obbligato per rispecchiare la volontà degli elettori.

Quello che si accinge a nascere la prossima settimana rappresenta il superamento dell’esperimento geografico e l’inizio di un periodo di svolta ad alta intensità costituzionale. Il valore assoluto da cui parte Sergio Mattarella sono i numeri della maggioranza in Parlamento e, come si auspicava già il 4 marzo, sono abbastanza solidi. Nel suo intervento post consultazioni, il Presidente ha segnalato che la crisi si è manifestata per una rottura polemica tra i partiti che componevano la maggioranza.

Quello che tutti gli elettori di sinistra che hanno votato Cinquestelle si aspettavano già da tempo è arrivato. Ma la svolta vera sarà quella di un bagno di umiltà e di buonsenso che oggi ci si aspetta da tutti i protagonisti di questa svolta. I primi segnali li ha lanciati Matteo Renzi, che sicuramente anche per riposizionamento strategico ha per primo lanciato l’idea. Bisogna dare atto al fiorentino che ha fatto una mossa apprezzabile e di sinistra. A seguire, gli altri risvegliati a sinistra hanno aggiunto massicce dosi di buonsenso.

Beppe Grillo ha garantito al Movimento quella tappa evolutiva che prima o poi sarebbe arrivata. Matteo Salvini resterà a lungo col mojito in mano a chiedersi cosa è successo. Il Paese si affida a una nuova tappa che la nostra Costituzione prevede e al buonsenso di un Mattarella saggio e paziente. Ma la novità è la faccia di Nicola Zingaretti. Simpatica, sempre sorridente, pacioccona, ma al tempo stesso affidabile. Insomma l’amico che tutti vorrebbero incontrare al bar. Parla chiaro, lascia che gli si attorciglino i cabbasisi senza farne drammi, parla poco stringendo gli occhi e mostrando un sorriso disarmante.

Il Montalbano della politica italiana che ci mancava e che ci lascia ben sperare. Un po’ Pierluigi Bersani, un po’ Walter Veltroni e a volte l’aspetto gioviale alla Romano Prodi. Ha lasciato che il mare giungesse a riva e non si è lanciato tra le onde col rischio di venirne travolto. Adesso tocca a loro.

Giuseppe Conte è la persona adatta per navigare in questo vascello ed anche a capitanarlo, come ha dimostrato frustando Salvini sull’albero maestro di Palazzo Madama. A nulla sono valse le smorfie alla Totò consigliate a Salvini dai suoi spin, nel vano tentativo di somigliare a Silvio Berlusconi. Ma Salvini non è Berlusconi e gli italiani già lo stanno derubricando nel dibattito da campionato che ormai prende piede tra i suoi numerosi sostenitori.

Un campione lo è sempre se gioca in serie A o in serie B. Salvini rischia di passare alla storia come l’Atalanta o la Spal: poche stagioni e ciao. Oggi interessa a pochi mentre mangia la Nutella: era virale perché ministro della Repubblica che mangia la Nutella. Da domani sarà il leader di un partito che deve 49 milioni agli italiani e che deve risolvere i problemi creati dal suo amico Gianluca Savoini. Sic transit gloria mundi! E si va a capo.

In Italia è così. Montalbano invece resta imbattibile, sempre moderno e con l’umiltà del servitore dello Stato. Ecco, il vascello Paese procede, va avanti e se non c’è vento vuol dire che useremo i remi. Avanti tutta!

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