L’impiego degli animali negli spettacoli confezionati da circhi, parchi marini e quelli imprigionati negli zoo sono, ancora oggi, la prima fonte di intrattenimento fornita ai turisti, generando miliardi di dollari/euro ogni anno. A quale costo? Problemi di salute, disturbi mentali e del comportamento, aspettativa di vita ridotta, privazione del loro habitat naturale, disgregazione dei nuclei familiari, programmi di riproduzione in cattività, somministrazione di droghe e calmanti per limitare il rischio che gli animali possano attaccare l’uomo.
Le persone continuano a visitare questi luoghi di prigionia, pertanto le aziende non hanno alcuna intenzione di chiudere i cancelli. Attivisti, etologi, veterinari, giornalisti, blogger da tempo si battono per far “aprire le gabbie” e grazie al loro “lavoro” qualcosa sta cambiando. Da pochi anni, diverse aziende di viaggio hanno preso finalmente una posizione contro la cattività. Un bel passo avanti, non c’è dubbio, anche se alle stesse potrebbero essere contestate tante altre scelte o posizioni non sempre proprio impeccabili.
Le vacanze sono terminate quasi per tutti, ma se dovete ancora viaggiare per piacere o se vi spostate spesso per lavoro informatevi, scegliendo quando è possibile quelle aziende che si sono schierate contro la prigionia degli animali. Per motivi pubblicitari non faccio nomi, evitando – a chi sia pronto a lanciarsi in mere illazioni – di perdere tempo scrivendo, per esempio, “ha preso le mazzette da tali aziende o compagnie”, offrendo loro, altresì, l’opportunità di essere meno off topic e più costruttivi.
Posso dire invece a coloro che sono interessati ad approfondire l’argomento che navigando sul web potranno trovare compagnie aeree e tour operator che non promuovono e vendono biglietti per attrazioni dove gli animali sono tenuti prigionieri. Alcune aziende collaborano già con organizzazioni benefiche per proteggere gli animali e il loro ecosistema, sostenendo la creazione di uno spazio in Sudafrica dove poter salvaguardare i grandi felini. Diverse compagnie aeree statunitensi hanno chiuso ogni tipo di rapporto con Sea World, la catena di parchi marini. Due grandi compagnie aeree canadesi l’hanno denunciata prima che il paese stesso approvasse la legge che definisce illegale detenere balene, delfini e foche.
Un tour operator online che pubblica anche recensioni di alberghi, ristoranti e altri contenuti relativi ai viaggi ha annunciato di non vendere più biglietti per centinaia di attrazioni dove i viaggiatori hanno contatti con animali selvatici tenuti in cattività, come per esempio esperienze di nuoto con i delfini, selfie con tigri o leoni, cavalcate sugli elefanti o altri animali, ecc. Un sito web di viaggi ha subito seguito l’esempio, eliminando ogni attività che prevede interazioni con la fauna selvatica e rimuovendo quelle che violano le linee guida di protezione degli animali, lanciando anche un portale per educare i viaggiatori.
Scelte apprezzabili, ma rimane il fatto determinante che per spostare decisamente l’ago della bilancia a sfavore di chi vive sfruttando gli animali sono decisive le nostre singole scelte. Può essere educativo, e soprattutto giusto, accarezzare una tigre drogata, cavalcare un elefante, vedere un animale dentro una gabbia?
Scegliendo di non visitare zoo, circhi, parchi marini contribuiremo a mettere fine al business di queste aziende che campano sulla pelle degli animali, creando un effetto domino positivo: sottrarre profitti ai loro aguzzini!