I calcoli (su cui non c'è mai certezza) di come potrebbe finire lunedì e martedì nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama. Ma una cosa è sicura: i gruppuscoli, dagli autonomisti valdostani a quel che resta del Psi fino ai tanti ex M5s, saranno fondamentali per allargare la base parlamentare a sostegno dell'esecutivo
C’è chi si dispiace di non essere stato chiamato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte mentre formava il governo, c’è chi un po’ se la tira dopo tutta la fatica per abbattere Matteo Salvini (che poi si è abbattuto da solo): “Prima sentiamo il discorso e poi decidiamo cosa votare”. Ci sono gli insospettabili come gli ex alfaniani di Civica Popolare, guidati da Beatrice Lorenzin, ora sostenitori del governo Pd-M5s. C’è Pierferdinando Casini anche lui eletto col centrosinistra che invece da veterano di tutti i Palazzi, al 36esimo anno da parlamentare, prima ha appoggiato la linea Renzi per fare un esecutivo a maggioranza diversa e poi si è accorto che però c’è bisogno di Liberi e Uguali perché sennò quella maggioranza non esiste: “Se il bicolore Pd-M5s si trasforma in un tricolore con Leu, molti di noi saranno in forte imbarazzo” diceva ieri, prima che Roberto Speranza fosse nominato ministro della Sanità. Se l’asse della nuova maggioranza si sposta a sinistra, l’asticella da superare non si sposta di molto. Ma per raggiungerla, soprattutto al Senato, dipende anche da loro, dai piccoli, anzi piccolissimi. A 4-5 giorni dai primi voti di fiducia alla Camera e al Senato, dunque, quali sono i numeri su cui può contare il governo Conte II?
La maggioranza blindata di Montecitorio
A Montecitorio, come noto, problemi non ce ne sono. A rimanere bassi (molto bassi) la maggioranza potrebbe partire da quota 345, con un margine di blindatura di una trentina di deputati. In realtà lunedì i voti potrebbero essere molti di più. Bisogna infatti sommare (salvo assenze o defezioni dell’ultimo momento) i 216 sì dei Cinquestelle, i 111 del Pd e i 14 di Liberi e Uguali, e siamo già a 341. Poi c’è il grande universo del gruppo misto che conta la bellezza di 27 deputati e soprattutto 6 sottoraggruppamenti più una quota di non iscritti. Quindi dobbiamo indagare qui dentro per capire da dove il governo può pescare altri voti. Per esempio, a dispetto della linea ufficiale del partito, i tre di PiùEuropa (Riccardo Magi, Alessandro Fusacchia e Bruno Tabacci) voteranno sì. Lo stesso faranno i 4 di Civica Popolare (oltre alla Lorenzin c’è anche il prodiano Serse Soverini, unico rappresentante dei Verdi in Parlamento). E quindi eccola quota 348, quasi certa sulla carta.
Quanti voti a disposizione nel mega-Misto
Ma ci sono molti altri voti in ballo tra gli altri del Misto. Se sicuramente i 4 delle minoranze linguistiche (altoatesini dell’Svp e trentini del Patt) si asterranno come da linea dei loro partiti espressa sia nelle consultazioni con il capo dello Stato sia in quelle con Conte, i 4 di Noi con l’Italia e Unione sudamericana emigrati italiani (guidati dall’ex ministro Maurizio Lupi) voteranno sicuramente contro. Ma tra gli altri ci sono molti ex Cinquestelle. Iscritto al sottogruppo del Movimento italiani all’estero c’è Andrea Cecconi (espulso per la faccenda dei rimborsi) che ha annunciato il suo sì, mentre invece bisogna capire il comportamento degli altri due, Antonio Tasso (eletto come Cecconi con il M5s) e Mario Alejandro Borghese, che di questi tre è l’unico davvero eletto all’estero. Il sottogruppo Sogno Italia-10 volte meglio è composto da tre deputati, ciascuno con una storia diversa: c’è una ex Cinquestelle al secondo mandato (Silvia Benedetti) che potrebbe votare a favore, c’è un ex M5s (Catello Vitiello) al primo mandato ed espulso prima ancora di iniziare la legislatura che non ha chiuso completamente alla fiducia e un ex Forza Italia (Giorgio Silli) che è confluito in “Cambiamo!”, il nuovo movimento di Giovanni Toti (e quindi voterà sicuramente no alla fiducia). Infine i non iscritti. Sono 6: 4 sono ex M5s, una è Daniela Cardinale, uscita a giugno dal Pd perché il suo partito regionale (Sicilia Futura) è passato col centrodestra. L’ultimo è Vittorio Sgarbi le cui fantasia e imprevedibilità potrebbero portarlo a dire qualsiasi cosa sotto al banco della presidenza della Camera. Fatti tutti i conti, insomma, ai 341 sicuri si potrebbe aggiungere un’ulteriore decina di sì.
Palazzo Madama, l’Aula sempre in bilico
Al Senato invece, come ormai sanno tutti, la questione è leggermente più difficile, anche se meno contorta di quella della Camera e del suo maxi-gruppo misto. I Cinquestelle sulla carta contano 107 voti, il Pd 51, Liberi e Uguali 4. Totale: 162. Ma Gianluigi Paragone ha annunciato che non voterà la fiducia. Così la maggioranza si abbassa esattamente sulla linea di galleggiamento, 161. Anche qui in soccorso arrivano gruppi e sottogruppi tra Autonomie linguistiche e Misto.
Nel primo raggruppamento i 3 della Südtiroler Volkspartei hanno già annunciato l’astensione per vecchie incomprensioni con i Cinquestelle (che peraltro potrebbero essere superate nei prossimi mesi con un ministro Pd, Francesco Boccia). Voterà sì invece Albert Lanièce, senatore dell’Union Valdôtaine. Idem Gianclaudio Bressa (ex sottosegretario dei governi renziani) e – checché ne dica – Pierferdinando Casini, eletto col centrosinistra nel collegio di Bologna. Non hanno ancora fatto capire se ci saranno e come voteranno i senatori a vita Elena Cattaneo e Giorgio Napolitano.
Nel Misto, oltre ai 4 senatori di Leu già nel conto, voterà sì Riccardo Nencini, senatore di quel che resta del Psi eletto col centrosinistra. Anche i tre fuoriusciti dei Cinquestelle Paola Nugnes, Gregorio De Falco e Saverio De Bonis – anche se per il momento solo una ha sciolto la riserva – sosterranno il governo. Maurizio Buccarella, espulso anche lui dai Cinquestelle per la questione rimborsi, finora ha sempre votato secondo la linea del M5s e tra l’altro è stato il primo a far saltare i provvedimenti leghisti quando nella legislatura precedente fu il promotore dell’abolizione del reato di clandestinità. Probabile quindi che voti sì. Carlo Martelli, invece, anche lui ex M5s cacciato per i rimborsi, si definisce sovranista e voterà no. Restano sempre in mezzo i due del Movimento italiani all’estero che potrebbero astenersi. Si esprimeranno nella giornata del voto (martedì) i senatori a vita Mario Monti e Liliana Segre.
Tirata la riga per la somma ai 162 di M5s, Pd e Leu si aggiungono 3 sì dalle Autonomie e i 4 dal Misto. Totale 168. Ma a questi si avvicinano altri 7-8 che potrebbero dare luce verde al Conte II. Insomma: quota 170 è più che vicina.
In una prima versione risultava il “no” del deputato Andrea Cecconi che ha poi rettificato annunciando la sua fiducia al nuovo esecutivo.