Il muro senza fine della Gran Risa, visto dal basso, sembra un monumento verticale di marmo grigio tanto è ghiacciato. Gli atleti si calano da lì senza convinzione e arrivano ai suoi piedi, prima del piano finale, spaesati. Linee troppo difficili con quel ghiaccio. L’unico a cavarsela, nella seconda manche, tra i 29 partiti, è l’italiano Luca De Aliprandini, che infatti chiuderà settimo. Poi, per ultimo, esce dal cancelleto Marcel Hirscher. E dimostra ancora una volta, l’ennesima, che lui è l’interprete di un altro sport. Alla fine ai due francesi Thomas Fanara e Alexis Pinturault rifilerà, rispettivamente, 2.53 e 2.69 secondi. Un’infinità nel tempio dello slalom gigante, in Alta Badia, la gara più difficile e prestigiosa del Circo bianco in quella disciplina (con Adelboden).

A Salisburgo, in diretta sul primo canale austriaco, Hirscher ha confermato ciò che si vociferava da giorni: la fine della sua carriera. E lo ha fatto, commosso, in un centro congressi di Gusswerk carico di tensione e con alle spalle le otto Coppe del mondo vinte, a (soli) 30 anni. Sessantasette successi con 138 podi totali, due ori alle Olimpiadi e sette ai Mondiali (oltre al dominio, incontrastato, dal 2011 a oggi), il campione salisburghese avrebbe potuto regalarsi (e regalarci) tanti altri trionfi. Forse avrebbe potuto raggiungere Ingemar Stenmark, il più vincente di sempre, con 86 primi posti. Forse. Ciò che è certo è che col suo modo di affrontare le discipline tecniche, slalom e gigante, è stato per una decade il punto di riferimento per i più forti sciatori del mondo e per gli addetti al settore. Grazie alle sue caratteristiche (tecnica, solidità, potenza fisica) passò indenne, a differenza di tanti colleghi (vedi Ted Ligety), il doppio cambio delle norme imposte dalla Fis sui materiali e la lunghezza degli sci. E riuscì, in più, ad affrontare le discipline veloci con profitto (il super-g, soprattutto). Proprio con lo statunitense diede vita a duelli spettacolari in slalom gigante, mentre tra i pali stretti si misurò con Felix Neureuther e, più recentemente, con Henrik Kristoffersen. “Sono state settimane molto turbolente” ha detto Hirscher, “ho preso la decisione quindici giorni fa. È un’intera vita che si interrompe e cambia da un giorno all’altro. Ma mi ritiro felice di quello che ho fatto sin qui”.

Hirscher non è stato il primo ad appendere gli scarponi al chiodo da detentore della coppa di cristallo. Prima di lui, Jean-Claude Killy, Pirmin Zurbriggen e Luc Alphand. Ora dovremo tirare una riga: da una parte lo sci prima di Hirscher, dall’altra lo sci dopo Hirscher.

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