L’ex ministro dell’interno Matteo Salvini è stato iscritto nel registro degli indagati per diffamazione dopo la denuncia presentata a luglio da Carola Rackete comandante della Sea Watch3 (leggi qui il testo della querela). Gli inquirenti romani hanno inviato gli atti a Milano, dove il segretario della Lega ha la sua residenza, per competenza territoriale. La comandante dell’imbarcazione era stata arrestata e poi scarcerata per ordine del gip di Agrigento.
Nella denuncia, in cui tra l’altro si chiedeva il sequestro degli account social dell’ex vicepremier erano riportati alcuni post dell’ex ministro e alcuni commenti di utenti contro la Rackete in relazione alle polemiche legate allo sbarco di alcuni migranti avvenuto a giugno a Lampedusa. Negli uffici giudiziari milanesi si stanno valutando gli atti. L’indagine è affidata al pm Giancarla Serafini. Non è ancora stato deciso se ascoltare a verbale l’ex ministro, anche se nei fascicoli per diffamazione solitamente non è necessario sentire il querelato in indagini. Serviranno i tempi tecnici per valutare gli atti.
La querela da parte della capitana della Sea Watch – che era entrata in porto a Lampedusa violando il decreto sicurezza – era stata depositata lo scorso 12 luglio in Procura di Roma. Nella denuncia, tra l’altro, i legali di Carola, oltre alla diffamazione, avevano ipotizzato anche il reato di istigazione a delinquere.
Nell’atto di querela la giovane, rappresentata dal legale Alessandro Gamberini, aveva spiegato che le esternazioni di Salvini sul caso Sea Watch, “lungi dall’essere manifestazioni di un legittimo diritto di critica, sono state aggressioni gratuite e diffamatorie alla mia persona con toni minacciosi diretti e indiretti“. Nella querela Carola cita le espressioni offensive dell’allora ministro: “sbruffoncella”, “fuorilegge”, “delinquente”, autrice di un atto “criminale”, responsabile di un tentato omicidio in quanto “avrei provato a ammazzare cinque militari italiani“, “complice dei trafficanti di esseri umani” e altre ancora. Interventi che sono, si legge nella denuncia, “un puro strumento propagandistico e istigatorio di un ‘discorso dell’odiò, che travolge ogni richiamo alla funzione istituzionale”.
Affermazioni che “non solo hanno leso gravemente il mio onore e la mia reputazione, ma mettono a rischio la mia incolumità, finendo per istigare il pubblico dei suoi lettori a commettere ulteriori reati nei miei confronti”. “Denunciato da una comunista tedesca, traghettatrice di immigrati, che ha speronato una motovedetta della Finanza: per me è una medaglia! Io non mollo, mai” scrive su Facebook l’ex responsabile del Viminale.