Nel genoma degli italiani sono state identificate tracce genetiche di un “nuovo” e precedentemente ignoto quarto gruppo ancestrale. È uno degli aspetti più intriganti di uno studio appena pubblicato sulla rivista Science Advances che fornisce ora un quadro dettagliato dell’impatto che le diverse migrazioni del passato hanno avuto sul nostro genoma. Il quadro che è emerso è quello di una grande complessità, molto maggiore di quella che si osserva nel resto dell’Europa. Oltre ai tre gruppi ancestrali comuni a tutti gli europei (i cacciatori-raccoglitori del Mesolitico, gli agricoltori neolitici di origine mediorientale e gli allevatori di cavalli dell’Età del Bronzo) sono state scovate le tracce di un gruppo ancestrale geneticamente simile alle popolazioni moderne della regione del Caucaso. Questa componente sarebbe giunta nella penisola italiana, passando dal Sud Italia, in un periodo compreso tra la fine del Neolitico e l’inizio dell’Età del Bronzo.
La ricerca è frutto di una collaborazione tra il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani” dell’Università di Pavia, il Dipartimento di Scienze Mediche e l’Istituto Italiano per la Medicina Genomica di Torino, il Dipartimento di Zoologia dell’Università di Oxford e molti ricercatori di altre università sia italiane (Perugia, Sassari, Roma, Padova, Milano) che estere (Tartu, Aarhus, Purdue, Washington, Tolosa, Londra, Marrakech, Marsiglia, Nantes, Parigi, Leuven, Oujda, Porto).
Parte dei campioni utilizzati provengono dal “Progetto di studio del Genoma della popolazione italiana”, originatosi dall’idea del professor Luigi Luca Cavalli Sforza, scomparso recentemente, e del professor Alberto Piazza e realizzato grazie alla collaborazione delle sezioni provinciali dell’Avis (Associazione Volontari Italiani del Sangue). Altri campioni, invece, provengono da una raccolta effettuata nel maggio 2013 in occasione dell’adunata nazionale degli Alpini dal gruppo di Genomica delle Popolazioni Umane ed Animali del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università di Pavia in collaborazione con l’Associazione Nazionale Alpini (ANA), la sezione provinciale dell’ANA di Piacenza e il Comune di Piacenza. Lo studio ha coinvolto più di 1.500 italiani, provenienti da tutte e 20 le regioni, che sono stati analizzati per oltre 200mila polimorfismi del Dna nucleare (il Dna delle 23 coppie di cromosomi localizzati nel nucleo delle nostre cellule).