Ero ancora nel tenero torpore del dormiveglia quando mi sono resa conto di aver fatto un sogno che si potrebbe definire rivoluzionario. Perdonatemi se oso la prima persona ma non posso fare altrimenti, essendo mio il sogno in questione. Andiamo al punto, che la rivoluzione non aspetta. Ho sognato un red carpet. Ovvio, direte voi, con il festival di Venezia in corso siamo bombardati da fotografie che proprio da un tappeto rosso provengono. Bene, appoggiamo l’ipotesi che i sogni contengano rielaborazioni di quanto vissuto e visto durante la giornata. Il red carpet che ho sognato io, però, era ben differente da quello là. Tanto per cominciare, per poterlo calpestare ci volevano dei requisiti precisi. Non come in laguna dove, accanto ad attori, registi e maestranze dall’indubbio talento, ogni anni sfilano individui che non si sa bene chi siano, cosa facciano, se abbiano una qualche genialità o se invece si trovino lì per caso, mandati da qualche ufficio stampa come parte di un “pacchetto personaggi” (usanza praticatissima anche nel luccicante mondo della televisione). C’è che dice di aver avvistato anche il gatto e il sorcio, in abito da sera, fotografatissimi pure loro. Che non si sa mai.
Sul tappeto rosso della mia attività onirica sfilavano invece pochissime persone. Il requisito minimo per esserci era infatti quello di aver letto almeno un libro al mese. Una sfida non da poco, considerato che la vita viene impiegata per la maggior parte del tempo in altre attività: bisogna essere determinati e dopo lunghe giornate di lavoro, impegni vari, svariati minuti passate a sbirciare i social, “la gara alle 50 pagine almeno” diventa dura. D’altronde, leggere non è un’attività passiva, anzi. Si può dire che per leggere occorre un certo talento. Bisogna avere talento nell’immaginazione e, scusate, non è cosa da poco. “Un libro non esiste finché qualcuno non lo legge”.
I lettori che percorrevano il red carpet del mio sogno non somigliavano affatto ai personaggi che di solito vediamo in queste occasioni: piuttosto timidi, percorrevano la lunga striscia di tessuto vermiglio con passo lento e sguardo incredulo, cercando di sorridere ai fotografi. Alcuni, i più disinvolti, accennavano un saluto. Altri si lasciavano raggiungere dalle telecamere e da qualche intervistatore per spigare come riuscissero a sfuggire alle sirene della quotidianità, ritagliandosi il tempo per un buon libro.
Italo Calvino, presidente di giuria di questo festival del sogno, era davvero in difficoltà nello scegliere chi premiare: lui, che così bene ha preso in giro i presunti “buoni lettori” (cioè coloro che alla fine, il tempo per leggere non lo trovano mai), si trovava quasi impacciato nell’assegnare la Pagina d’Oro a chi aveva dimostrato senza alcun dubbio di avere talento nella lettura. Sapeste come mi sono svegliata bene, dopo un sogno così! Ho aperto gli occhi e ho fatto un mezzo sorriso. Poi, purtroppo, ho ceduto. Ho preso il telefono. Lo so che non avrei dovuto ma siamo tutti uguali di fronte a quel dispositivo rettangolare. La prima cosa che ho visto? L’attesa per il giuramento del governo Conte Due o Bis o Secondo Atto. Chiamatelo come volete. Poi, l’occhio mi è caduto sul red carpet di Venezia e su una tizia con le sue preziose terga al vento. Il nome, sinceramente, non lo ricordo. Ma ricordo invece quello del vincitore della Pagina d’Oro. Filippo Rimagli. Il più talentuoso tra i lettori italiani.