La Xylella, ricorda la Corte, è stata osservata per la prima volta nel 2013 sugli ulivi salentini. Nel 2015 la Commissione impose misure volte ad eradicare il batterio, che prevedevano la rimozione delle piante infette e pure degli alberi situati nel raggio di 100 metri di distanza da quelli contagiati. Un anno più tardi, sempre la Corte di Giustizia Ue aveva dichiarato la legalità delle misure
L’Italia non ha contrastato la diffusione della Xylella. È quanto ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza relativa alla causa che vede da una parte la Commissione Ue e dall’altra appunto l’Italia. Secondo la Corte, il nostro Paese è venuto meno all’attuazione delle misure volte ad impedire l’avanzare del batterio, all’epoca diffuso solo in provincia di Lecce, che può provocare la morte di molte specie di piante, tra cui gli ulivi. In secondo luogo, “non ha garantito, nella zona di contenimento, il monitoraggio della presenza della Xylella” con “ispezioni annuali effettuate al momento opportuno durante l’anno”. Si tratta di una condanna per primo inadempimento, che prevede solo il pagamento delle spese processuali.
La Xylella, ricorda la Corte, è stata osservata per la prima volta in Europa nel 2013, sugli ulivi salentini. Nel 2015 la Commissione impose misure volte ad eradicare il batterio, che prevedevano la rimozione delle piante infette e pure degli alberi situati nel raggio di 100 metri di distanza da quelli contagiati. Misure da attuare non solo nella zona infetta, ma anche in una zona ‘cuscinetto’. Un anno più tardi, sempre la Corte di Giustizia Ue aveva dichiarato la legalità delle misure.
La misura, era scritto nel loro provvedimento, “è proporzionata all’obiettivo di protezione fitosanitaria nell’Unione ed è giustificata dal principio di precauzione, tenuto conto delle prove scientifiche di cui la Commissione disponeva al momento della sua adozione”. Il punto era stato sollevato 24 agricoltori di Oria e Torchiarolo, in provincia di Brindisi, tra i primi a presentare ricorsi al Tar Lazio per bloccare le ruspe sui propri uliveti. I giudici amministrativi avevano congelato la misura e, nel gennaio 2016, avevano deciso di sospendere il giudizio, sollevando sei questioni pregiudiziali dinanzi alla Corte di Giustizia.
Nel maggio 2018, l’Italia era poi stata deferita per la diffusione del batterio alla stessa Corte lussemburghese. Sulla gestione dell’emergenza Xylella i Commissari Ue erano stati molto chiari nei mesi precedenti: “La lotta al batterio è stata un fallimento. Abbattete gli alberi malati”. Pena l’aggravarsi della procedura d’infrazione aperta nel luglio 2016 e il deferimento. Una misura drastica, che a Bruxelles hanno ritenuto necessaria per evitare la diffusione del batterio in tutto il territorio dell’Unione. L’attenzione dell’Ue, infatti, era tornata a livello di allarme nel marzo dello scorso anno, quando quasi tremila ulivi furono trovati positivi al batterio in un’area dove nel 2015 la Xylella aveva aggredito solo pochi esemplari.