Il fenomeno della resistenza agli antibiotici costituisce la più chiara dimostrazione della teoria darwiniana dell’evoluzione e della selezione naturale: quanto più noi usiamo gli antibiotici, tanto più nei batteri compaiono e si selezionano ceppi mutanti insensibili a questi farmaci. Estremizzando si potrebbe dire che se oggi usiamo un antibiotico per guarire una infezione, creiamo anche le premesse per avere domani una infezione più pericolosa, dovuta ad un batterio che è diventato resistente a quell’antibiotico.
Gli antibiotici sono farmaci miracolosi, che hanno debellato malattie gravissime, dalla tubercolosi alla lebbra e alla peste: di certo non possiamo smettere di usarli; ma usandoli, a causa del fenomeno della resistenza, ne consumiamo il potenziale terapeutico che non è illimitato. Il ministero della Salute ha varato nel 2017 un Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (Pncar); è una iniziativa lodevole perché l’Italia in passato ha spesso disatteso le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Fino agli anni 70 del secolo scorso il tasso di scoperte di nuovi antibiotici sembrava garantirci dal rischio dell’antibiotico resistenza: venivano scoperti nuovi antibiotici più in fretta di quanto i batteri diventavano resistenti. Dagli anni 80 però il tasso di scoperta di nuovi antibiotici è drasticamente calato: i nuovi antibiotici sono in massima parte varianti chimicamente modificate di antibiotici già noti. E’ plausibile che la “grande era” dell’innovazione si stia chiudendo e che sia stata scoperta la maggioranza degli antibiotici effettivamente esistenti, che, giova ricordarlo, sono in genere prodotti da microorganismi: la penicillina dal Penicillum, la streptomicina dallo Streptomyces, etc.
E’ essenziale mettere in atto quelle procedure, raccomandate dell’Oms, che rallentano lo sviluppo dell’antibiotico-resistenza. L’Italia, come già detto, non brilla. Un punto particolarmente dolente è l’uso esagerato di antibiotici negli allevamenti e nell’agricoltura. E’ stimato che il 50% degli antibiotici venduti in Italia sia destinato a questi usi; e alcuni studi suggeriscono che negli Usa la percentuale sia ancora più elevata.
Questo tipo di uso preventivo immette nell’ambiente quantità di antibiotici molto superiori a quelle che sarebbero necessarie per scopi terapeutici veterinari (gli unici approvati dall’Oms), e accelera lo sviluppo di ceppi batterici resistenti che potrebbero trasmettere il loro materiale genetico a patogeni umani: in molti casi infatti i geni dell’antibiotico-resistenza si trovano su elementi genetici trasmissibili, chiamati plasmidi. Inoltre, il consumo di carni animali o altri alimenti contaminati da antibiotici può favorire lo sviluppo di ceppi batterici umani resistenti: in questo modo si sono sviluppate molte varianti patogene di batteri intestinali normalmente innocui o quasi.
Un’altra raccomandazione dell’Oms è quella di utilizzare il più possibile le vaccinazioni antibatteriche disponibili (l’Oms raccomanda fortemente anche le vaccinazioni antivirali; le terapie antivirali, che in senso stretto non sono definite antibiotiche, soffrono delle stesse problematiche di resistenza; inoltre noi possediamo meno antivirali che antibiotici, e questo complica il problema del trattamento delle infezioni virali). La vaccinazione, se disponibile, è in genere più sicura e meno problematica della terapia antibiotica.
Infine l’Oms raccomanda l’applicazione di tutte quelle misure di igiene pubblica e privata che ostacolano la diffusione dei microorganismi nell’ambiente, soprattutto negli ambienti urbani e domestici nei quali la densità abitativa favorisce il contagio. Poiché l’adozione di misure igieniche e vaccinali dipende in larga misura dall’adesione dei cittadini, è importante che le raccomandazioni degli organismi competenti siano diffuse alla popolazione. L’Oms, il ministero della Salute, il Center for Disease Control, etc. fanno la loro parte rendendo disponibili le informazioni necessarie sui loro siti web e nelle loro pubblicazioni, ma al cittadino è richiesto lo sforzo di cercare e leggere queste informazioni, e di distinguerle dalla frequente propaganda di disinformazione contraria.
Nel lungo termine l’obiettivo è quello di rallentare lo sviluppo dell’antibiotico resistenza fino a renderlo compatibile con il tasso di scoperta di nuovi farmaci, che purtroppo è drasticamente calato fin dagli ultimi decenni del secolo scorso.