Caro Peppe, come tanti ho letto della tua nomina e mi è venuta una gran voglia di scriverti.
Sono delle riflessioni che sottopongo alla tua attenzione – da giovane del Sud e militante del tuo stesso partito – come spesso abbiamo fatto in questi mesi, tra una telefonata e l’altra o nelle assemblee.
Ho iniziato a conoscerti la sera in cui rinunciasti alla candidatura alle Politiche, denunciando il clientelismo e il familismo in Sicilia. Capii che fu la scelta di chi vuole bene al proprio partito, di chi crede che la politica sia ancora un esempio.
Dopo la sconfitta, hai saputo tenere viva una scintilla dando voce a una generazione che si sente di sinistra ma che non ha trovato il megafono per poterlo dire. Mi viene in mente quel che dice spesso Gianni Cuperlo: “Alla sinistra serve rivestirsi dopo aver camminato scoperta per troppe stagioni. Farlo conta, anche se non basta perché le parole dicono cosa vorresti essere, non chi sei”.
Ecco, chi sei. Non credo di essere l’unico a pensarlo: nel partito sei un esempio di schiettezza e onestà intellettuale, di chi ha saputo dire dei no facendo politica. È su questo, mi è stato insegnato, che si misura l’essere uomini in politica.
Nei mesi precedenti e successivi l’ultimo congresso c’era chi voleva rimanere al 4 dicembre e chi, come te, Marco Sarracino e gli altri ragazzi ce la metteva tutta per uscire dall’inverno della sconfitta. Ho imparato ad apprezzarti per la disponibilità e la presenza nell’ascoltare e dare consigli. Spesso anche in maniera severa e franca, come un “fratello maggiore”.
“Ho a cuore che nel partito venga su una generazione di sinistra che non faccia compromessi per le sue idee, soprattutto al Sud”, mi dicesti una volta più o meno così. Sono convinto che al governo potrai dare tanto: so che per te questa è la battaglia di una vita e ce la metterai tutta. D’altronde, la politica è viva quando sa contare senza arrestarsi al numero raggiunto.
Caro Peppe, non ti fermare e continua a combattere.