Il biglietto da visita di Elena Bonetti è una lettera scritta nel 2014 e firmata insieme a Don Gallo: nella “Carta del Coraggio”, questo il titolo, chiedeva apertamente allo Stato di riconoscere le unioni gay e alla Chiesa di rivedere le proprie posizioni su omosessuali e divorziati. Lo faceva in qualità di responsabile nazionale dell’Agesci, l’associazione degli scout cattolici in cui è impegnata da sempre, e tutto lascia pensare che si muoverà in questo senso anche ora, alla guida del Ministero della Famiglia e delle Pari Opportunità, imponendo una netta retromarcia alla linea del suo predecessore Lorenzo Fontana: “Le famiglie gay? Per la legge non esistono”, aveva dichiarato il leghista poche ore dopo l’insediamento. Nel governo Conte bis Elena Bonetti entra in quota Matteo Renzi, anche se con fama di apprezzata voce critica. Fu proprio l’ex premier a nominarla a sorpresa, anche sua, nella Segreteria nazionale del Partito democratico dopo la vittoria alle primarie del 2017: “Mi è sembrata una proposta sproporzionata, ma ha prevalso la voglia di provare”, commentò lei.
Da quel momento la Bonetti, senza esperienza politica diretta ma con un passato di grande impegno civile e trascorsi simili a quelli del senatore di Scandicci, anche lui capo scout Agesci, ha scalato molto rapidamente la classifica di gradimento dell’ex premier, che le ha assegnato incarichi sempre più importanti, in particolare quelli a stretto contatto con i giovani. A lei erano stati affidati i famosi 20 Millennials, i ragazzi nati tra i primi anni Ottanta e la fine degli anni Novanta che Renzi volle nella direzione del partito, così come sempre la Bonetti, oltre ad aver partecipato attivamente a diverse edizioni della Leopolda di Firenze, è stata di recente tra gli organizzatori di “Meritare l’Italia’, la scuola di formazione politica dell’ex segretario del Pd, che si è svolta a Lucca proprio nei giorni delle trattative per la formazione del governo giallorosso.
Elena Bonetti, 45 anni, è nata ad Asola, in provincia di Mantova, e nella vita è professoressa di Analisi matematica all’Università Statale di Milano. Sposata e madre di due figli, si è laureata con lode nel 1997 all’Università di Pavia prima del dottorato di ricerca conseguito nel 2002 a Milano, dove insegna dal 2016. “Nella ricerca ho imparato che si cresce se si gioca in squadra”, scrive di sé nella breve biografia sul sito del Partito democratico, al quale si è iscritta poco prima della nomina in segreteria nazionale. “La passione educativa e il desiderio di accompagnare le giovani generazioni ad essere buoni cittadini, capaci di contribuire a scrivere una storia bella e generativa per la nostra comunità, trovano le radici nel mio cammino scout”. Un’educatrice, anche in politica: così la descrive chi la conosce e ha potuto lavorare con lei in questi anni di attività, svolta soprattutto negli ambienti milanesi del Partito democratico. In Lombardia è presenza fissa e spesso promotrice degli eventi legati al mondo renziano, dove è una voce molto ascoltata, e ha sostenuto la mozione di Anna Ascani e Roberto Giachetti alle ultime primarie, mentre a livello nazionale ha ottimi rapporti con Ettore Rosato.
Nonostante la sua recentissima carriera politica dipenda in gran parte dalla stima e dalla fiducia di Matteo Renzi, Elena Bonetti non è una da “cerchio magico”: l’avvicinamento non è arrivato durante una campagna elettorale, ma sulla scia di valori comuni, lo scoutismo cattolico e l’apertura sul tema delle unioni civili su tutti, e della scelta dell’ex premier di aprire le porte del Pd alla cosiddetta società civile. E infatti, anche tra le altre correnti del partito, la Bonetti è considerata “una renziana che pensa con la propria testa”, con grande capacità di lavorare e formare i giovani.
In attesa di imprimere una nuova linea a un Ministero che solo pochi mesi fa fu sostenitore deciso del Congresso della Famiglie di Verona, la scelta della Bonetti ha già suscitato le critiche del senatore pro vita Simone Pillon: “La lobby Lgbt festeggia la nomina di Elena Bonetti al ministero della famiglia, rievocandola tra gli autori della “carta del coraggio” che nel 2014 consegnò una parte significativa dello scoutismo cattolico italiano alle posizioni LGBT friendly di Renzi e delle sue unioni civili”, ha attaccato il leghista su Facebook. “Gli attivisti già chiedono la legge sull’omofobia per chiudere definitivamente la bocca a chi vorrebbe fermare la dittatura gender. E questo, onestamente, mi pare un pessimo inizio”, conclude il senatore, già promotore del discusso progetto di legge su separazione e affido condiviso e convinto oppositore della legge 194 sull’aborto.