Spin-off, ma anche versione extended, o addirittura sequel di Belluscone, film che a Venezia 2014 vinse il Premio Speciale della Giuria nella sezione Orizzonti. La bordata contro la più alta carica dello Stato arriva dopo un’ora e mezza di carrellata su improbabili cantanti neomelodici
I veri palermitani non parlano. Tra questi, dopo la recente sentenza di primo grado sulla “trattativa” Stato/Mafia”, con la condanna per diversi ex membri delle istituzioni, c’è anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il tiro ad alzo zero verso il proprio concittadino, la provocazione cinematografica tutta italiana, arriva a Venezia 76, in Concorso, da Franco Maresco con La mafia non è più quella di una volta. Spin-off, ma anche versione extended, o addirittura sequel di Belluscone, film che a Venezia 2014 vinse il Premio Speciale della Giuria nella sezione Orizzonti.
Così, se dopo questa omertà generalizzata e sfatta, Mira espone con piacevole sicurezza addirittura un’origine “genetica” di questo naturale silenzio palermitano (“Chi è stato?”, “Nessuno”), vedere a seguire associato Mattarella lascia alquanto scossi. Anche se il presidente della Repubblica non è di certo tenuto a intervenire su una sentenza di primo grado qualunque essa sia. Eppure Maresco rovescia centimetro dopo centimetro il tavolo della resistenza a questa omertà, si inabissa a vittima ulteriore in mezzo al finto ricordo degli “eroi”, mescolando sempre più documentario (tanto) e finzione (pochina, ma decisiva) e contrapponendo l’ottimismo viscerale e sanguigno dell’amica fotografa Letizia Battaglia (fan imperitura oltretutto del sindaco Leoluca Orlando) con il suo personale scetticismo.
In questa straordinaria, surreale, imponente ibridazione di linguaggio il regista palermitano scivola definitivamente nella sua amarezza, nella sua disperazione, nella sua dimessa solitudine umana e politica. Il film comincia cogliendo il kitsch modernizzante anche nelle manifestazioni ufficiali per commemorare i 25 anni dalla morte dei due giudici uccisi dalla mafia: gli imbarazzanti cori da stadio (“Giovanni e Paolo”), i balli e la musica a mille come se si fosse in discoteca, vengono criticati dalla Battaglia (“allora piangevamo, oggi si canta, mah”), Cicerone per Maresco figurando dapprima più pessimista del regista.
Due i momenti davvero alti all’interno de La mafia non è quella di una volta: la lettera sgarrupata alla Totò e Peppino che Mira e Mannino scrivono per presentare la serata evitando accuratamente i riferimenti contro la mafia; l’animazione in bianco e nero per mostrare come la famiglia di Ciccio Mira e quella dei Mattarella si sono conosciuti oltre 50 anni fa. Un incidente rocambolesco in piena notte dove il papà di Ciccio alla guida della sua auto sfonda fortuitamente il cancello di casa Mattarella. Escono papà Bernardo, i figli Piersanti e Sergio. Nessun risarcimento, ma almeno si lasciano offrire parecchi film in prima fila al cinema Massimo dove il signor Mira lavorava. Già perché il padre di Ciccio “votava proprio Bernardo”. Altra provocazione allusiva, altro regalo in odor di mafia. Brividi.