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Robert Mugabe morto a 95 anni: l’ex presidente e dittatore dello Zimbabwe era rimasto al potere per 37 anni

Salì al potere alla fine del governo di minoranza bianca nel 1980, attribuiva i problemi economici del Paese alle sanzioni internazionali e non nascondeva il suo desiderio di governare per tutta la vita. Perseguitò gli avversari politici, esibì lusso e portate a base di animali in via di estinzione nelle sue feste mentre portava lo Zimbabwe, ricco di risorse minerarie, alla rovina

Era stato costretto a dare le dimissioni nel 2017, dopo avere tentato di reprimere le proteste di chi chiedeva che, dopo 37 anni di potere ininterrotto, lasciasse. Le sue promesse iniziali furono progressivamente disattese a causa dell’instabilità economica, di presunti brogli elettorali e di continue violazioni dei diritti umani. E oggi un tweet del suo successore, il presidente Emmerson Mnangagwa, ha annunciato la morte di Robert Mugabe, “padre fondatore dello Zimbabwe” che si era progressivamente trasformato in un tiranno, trascinando il suo paese nel baratro di una catastrofica crisi economica e nell’isolamento internazionale. Aveva 95 anni. Secondo quanto confermato alla Bbc dalla famiglia la morte sarebbe stata causata da una malattia – di cui non è stata rivelata la natura – che aveva costretto l’ex presidente a essere ricoverato in un ospedale di Singapore dall’aprile scorso.

Le dimissioni – La sua lunga carriera politica si era conclusa il 21 novembre 2017 con l’annuncio delle sue dimissioni in una lettera inviata al parlamento. Mugabe aveva resistito per lunghi giorni a tutte le pressioni per dimettersi, fino alla capitolazione, arrivata quando ormai il parlamento si era riunito per avviare la procedura di impeachment e tutti lo avevano abbandonato. Allora Mugabe era il più anziano e longevo capo di Stato del mondo in carica e l’unico leader che lo Zimbabwe avesse conosciuto dall’indipendenza nel 1980. A precipitare la sua caduta era stato il suo tentativo di imporre la seconda moglie Grace, di 41 anni più giovane, come suo successore. L’ambiziosa first lady, diventata una sorta di primo ministro ufficioso, era riuscita a convincere il marito a destituire il vice presidente Emmerson Mnangagwa, che si era rifugiato all’estero. Ma era stato proprio questo passo a convincere l’esercito a intervenire. Mugabe era stato posto agli arresti domiciliari la mattina del 15 novembre mentre le forze armate del generale Constantino Chiwenga venivano dispiegate nella capitale. Erano allora cominciate le pressioni, anche con la mediazione del Sudafrica, per convincere Mugabe a dimettersi. L’anziano leader aveva tentato di resistere, ma intanto lo avevano abbandonato sia il suo partito Zanu-Pf che l’associazione dei veterani di guerra, da lui usata come milizia per reprimere il dissenso.

La vita – Nato il 21 febbraio 1924, Mugabe era stato educato dai gesuiti, aveva studiato in varie università africane ed insegnato in un liceo del Ghana, dove conobbe la prima moglie Sally Hafron. Nel 1960 ritornò in quella che allora era la Rhodesia coloniale, diventando uno dei protagonisti della lotta per l’indipendenza e i diritti della maggioranza nera. Condannato nel 1964 a dieci anni di carcere, fu poi rilasciato e riparò in Mozambico dove diventò il capo dell’ala paramilitare del partito Zanu (Unione del Popolo Africano dello Zimbabwe) e poi capo dell’intera formazione politica.

Isolato in Occidente, Mugabe era considerato persona non grata negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. Tuttavia era stato scelto come presidente dell’Unione Africana per l’anno 2015. Successivamente l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) era stata costretta da una valanga di critiche e proteste a ritirare la sua nomina ad ambasciatore di buona volontà.
Diventato negli anni sempre più paranoico, Mugabe addebitava la crisi economica ad un complotto dell’occidente e considerava i suoi critici, all’interno come all’esterno del suo partito Zanu, come “sabotatori e traditori“. Negli ultimi anni il fasto della sua residenza ufficiale, così come le sue lussuose feste di compleanno, con migliaia di invitati, spoglie di leoni uccisi e portate a base di animali in via di estinzione, avevano fatto scandalo in un paese al limite della sussistenza.

Il paese nella spirale dell’inflazione e della povertà – Il presidente dello Zimbabwe reagì intensificando la persecuzione degli avversari politici, tramite la sua milizia di veterani della guerra di liberazione, e perseguendo l’esproprio delle piantagioni dei 4mila farmer bianchi rimasti nel paese, che detenevano il 70% delle terre migliori. Ma l’esproprio non andò a beneficio dei contadini poveri come promesso, quanto ai membri del partito Zanu, spesso incapaci di portare avanti una fattoria. E la produzione agricola che un tempo era la principale risorsa del paese precipitò ai minimi storici, complici una serie di annate di siccità.

Fra il 2008 e il 2009, mentre la zecca continuava a stampare nuova moneta, il paese si avvitò in una spirale di iperinflazione con il pane che costava milioni di dollari dello Zimbabwe. La crisi venne tamponata usando il dollaro americano come valuta. Ma il paese non si risollevò, dando il via ad un’emigrazione di massa nei paesi vicini. Il tasso di disoccupazione era attorno al 90%, l’80% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà. La speranza di vita, a causa anche della diffusa piaga dell’Aids, era di 54 anni per gli uomini e 53 per le donne.

Nel 1980, Mugabe vinse le prime elezioni dopo la fine del regime bianco di Ian Smith, che era succeduto al colonialismo britannico, e diventò primo ministro. Da allora aveva sempre guidato il paese, di cui divenne presidente nel 1987. Fra i suoi successi vi furono la creazione di un sistema d’istruzione che ha ridotto l’analfabetismo al 10%, ma il suo governo sempre più dittatoriale e corrotto portò progressivamente il paese, ricco di risorse minerarie, alla rovina economica. A distruggere l’economia contribuirono il costoso intervento nella guerra civile nella Repubblica democratica del Congo (1998-2002) e la disastrosa riforma agraria varata nel 2000. Quell’anno, Mugabe fu sconfitto nel referendum sulla nuova costituzione da lui voluta, grazie all’azione di un nuovo partito d’opposizione guidato da Morgan Tsvangirai.