L’inceneritore di Acerra e il suo “stop programmato” con il fenomeno denominato “Terra dei fuochi” in Campania non c’entra nulla! Proprio assolutamente nulla! Da sempre!
Il fenomeno Terra dei fuochi ha genesi, crescita e florida ciclica recrudescenza da tutt’altra fonte rispetto ai rifiuti urbani prodotti quotidianamente in Campania (circa 6500 tonnellate al giorno di cui ben 2200, circa il 30%, incenerito ad Acerra). Ha genesi, e invincibile recrudescenza, nella quota di rifiuti speciali industriali e tossici prodotti in regime di evasione fiscale, lavoro nero pari in Campania a non meno del 47% di tutte le attività manifatturiere e agricole, come giusto ieri l’ennesima morte del bracciante Pasquale Fusco nelle campagne di Giugliano testimonia col sangue! Quaranta euro in nero per ammazzarsi nei campi laddove le mogli di questi disperati ma onesti cittadini, che non vogliono sopravvivere spacciando droga, lavorano in casa “a nero” scarpe borse e vestiti delle migliori marche per 25 euro al giorno.
Ogni giorno i loro scarti di produzione illegale si sommano, invadono, si mischiano ai rifiuti urbani per una quantità oggi compresa tra le 6mila e le 10mila tonnellate al giorno per la sola Campania. Una quantità eccezionale di rifiuti industriali, spesso assimilabili agli urbani, gestiti magari sempre dalle stesse ditte incaricate di gestire i rifiuti urbani che, oltre a un pagamento in nero per i propri dipendenti, recuperano denaro con l’incremento enorme del “peso” dei rifiuti scaricati dai loro Tir nelle piattaforme legali destinate ai rifiuti urbani indifferenziati.
Per questo motivo impianti insalubri di classe I come il maxi inceneritore di Acerra – oggi il più grande in funzione in Italia, pari a ben otto inceneritori medi e che brucia da solo quanto tutti gli inceneritori presenti in Toscana, Umbria, Lazio e Marche messi insieme – sembra non farcela mai. Ad Acerra, come anche in Lombardia, i maxi inceneritori servono anche a coprire, incenerendo qualunque prova, tutti gli scarti delle attività manifatturiere in nero.
Per questo, o dove si producono di più rifiuti industriali anche in nero (Lombardia) o dove si lavora pressoché esclusivamente così (Campania), servono assolutamente non tanto semplici inceneritori (che in tutta Europa hanno una portata media di 120mila tonnellate all’anno), ma maxi inceneritori di portata mai inferiore alle 500mila tonnellate all’anno con tre o quattro linee da 200mila tonnellate annue ciascuna, per creare impianti con contratti ultradecennali in grado di garantire l’incenerimento con completa scomparsa delle prove del lavoro nero almeno per una trentina di anni.
In maniera strumentale, appena una di queste linee deve fermarsi per la manutenzione programmata, si dà quindi ordine alla manovalanza criminale di scatenare la ormai a noi sin troppo ben nota “crisi dei roghi tossici”, usando poi i mass media, la stampa, finti esperti e professori che parlano solo di mancata raccolta differenziata e di rifiuti urbani – che non c’entrano assolutamente nulla – per montare la solita campagna e convincere l’opinione pubblica che per risolvere il problema dei roghi tossici in Campania, come dei flussi di rifiuti tossici in Lombardia, servono altri maxi inceneritori.
I maxi inceneritori servono solo alle imprese criminali che vogliono continuare slealmente a produrre e a smaltire “a nero”, senza controlli e tracciabilità come ormai da troppi decenni! Fanghi di depurazione, amianto, scarti di pellame e tanti altri rifiuti industriali come imballaggi e materiale industriale assimilabile ai rifiuti urbani non dovrebbero certo finire negli inceneritori.
Il massimo della raccolta differenziata del rifiuto urbano serve a “liberare” altro spazio per il necessario incenerimento di questi rifiuti speciali. Non è certo un caso che oggi ben due linee del maxi inceneritore di Brescia siano utilizzate per rifiuti industriali e non urbani. L’incenerimento resta la strada maestra per l’occultamento di qualunque prova di qualunque crimine manifatturiero di impresa!
Sono e purtroppo resto l’unico medico, esperto di rifiuti e di danno alla salute in Italia, che esplicitamente parla sempre e prioritariamente solo e soltanto di rifiuti industriali, mai di rifiuti urbani. Non mi strappo le vesti per illudere i miei concittadini che raggiungendo la perfezione dei “rifiuti zero” urbani risolveremmo il problema dei rifiuti in Terra dei fuochi in Campania come in Lombardia. E’ un clamoroso falso e un’eccezionale presa in giro per tutti gli italiani, dal momento che pure se raggiungessimo quota “rifiuti urbani zero” ci staremmo occupando di non più del 20% di tutti i rifiuti da gestire correttamente a tutela della salute pubblica in Italia.
La sola Lombardia produce, ricicla e smaltisce con impianti in gran parte legali, ma senza alcuna tracciabilità certa dei rifiuti industriali e tossici (che produce e che importa), non meno di 30 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti industriali, quantità pari da sola a più di tutti i rifiuti urbani prodotti in tutta Italia! E non si vuole rendere ben chiaro a tutti i cittadini lombardi che devono preoccuparsi anche dello scorretto smaltimento di una quantità di rifiuti industriali e tossici pari a circa dieci milioni di tonnellate l’anno.
Questa è la genesi della tragedia di salute pubblica di tutte le Terre dei fuochi di Italia, da Brescia a Caivano ad Acerra! Lo scriveva nelle sue relazioni su Brescia e Campania il tenente Roberto Mancini sin dal 1993. Ancora oggi in Italia si muore per lavoro, ci si ammala nelle Terre dei fuochi per lavoro in nero e, oggi come ieri, l’unica soluzione che si propone all’opinione pubblica è quella di costruire maxi inceneritori per favorire ed eliminare qualunque prova di questo crimine, anziché decidersi realmente a contrastarlo con efficacia: attraverso una “flat tax” per le aziende che obblighi l’emersione del nero e la tracciabilità certa dei rifiuti industriali e tossici.