"Ometterei la frase sulla figlia, è stata oggettivamente una caduta di stile", ha scritto il caporedattore di viale Mazzini in un nuovo post su facebook. Intanto, cdr e Vigilanza chiedono che l'azienda diffonda un manuale di comportamento sui social per i dipendenti
Il giorno dopo la polemica esplosa a viale Mazzini sul post Facebook del caporedattore di Rai Radio1, Fabio Sanfilippo, con cui il giornalista ha attaccato l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dicendo, in riferimento alla fine dell’esperienza di governo gialloverde, “tempo sei mesi e ti spari”, l’azienda sta valutando una sua sospensione cautelativa. Il giornalista non si dice affatto pentito del messaggio lanciato dal proprio profilo personale, ma la Rai, dopo aver preannunciato un provvedimento disciplinare, ha fatto sapere che emanerà la prossima settimana una disposizione sull’uso dei social da parte dei dipendenti.
Il giornalista, criticato da membri di diverse formazioni politiche, oltre che da dirigenti aziendali e membri della Vigilanza, ripubblicherebbe la “missiva”, come lui stesso l’ha definita, sul suo profilo Facebook. “Riscriveresti il post? Mi è stato chiesto. Sì, ometterei la frase sulla figlia, è stata oggettivamente una caduta di stile – si legge in un nuovo messaggio sul social network – Il post che ho pubblicato sul mio profilo PRIVATO di Facebook il 4 settembre NON contiene alcun invito al suicidio del capo politico della Lega. È la constatazione di un fatto: che Salvini si è politicamente ‘fatto fuori’ da solo. Con la previsione che di qui a sei mesi si sarebbe politicamente ‘sparato’, eliminato da solo. Riducendo i consensi del suo partito del 20, 25 per cento. Il 6 settembre, l’intervento della macchina mediatica e manipolatrice leghista ha fatto in fretta a travisare le mie parole usandole a proprio uso e piacimento a scopo di polemica politica distrattiva“.
Ribadendo che il messaggio lanciato sui social era affidato a un profilo personale e chiuso, il giornalista ha poi voluto specificare di non aver “mai usato i microfoni di Radio1 per fare propaganda politica o dire ciò che penso della situazione politica. Quello che è il mio pensiero – continua – l’ho manifestato in un post pubblicato sulla mia pagina personale, che non utilizza alcun logo dell’azienda Rai. Pagina che è un po’ come casa mia e io a casa mia dico e faccio quello che mi pare. Del resto non c’è ancora alcuna policy aziendale che obbliga i dipendenti Rai a determinati comportamenti sui social privati”.
“Io non sono uno che odia, sono una persona che ama. E sono un giornalista libero – conclude – Da anni giro le scuole d’Italia, con i miei soldi e nel mio tempo libero, per raccontare l’orrore della guerra in Siria e dei campi profughi attraverso i disegni di Sheradzade, una bambina curdo-siriana che ho conosciuto a Idomeni e la cui famiglia ho cercato in ogni modo di aiutare. Riscriveresti il post? Mi è stato chiesto. Sì, ometterei la frase sulla figlia, è stata oggettivamente una caduta di stile. Ma vorrei ricordare che è lo stesso capo leghista a non farsi scrupolo di ostentarla sui social per solleticare il sentimento familiare degli italiani, così come fa con il crocifisso e con il vangelo“.
“Errare è umano, perseverare è diabolico. E poi loro sarebbero quelli democratici e pacifisti. Viva la Rai! P.S. Ovviamente io non mollo e non mollerò mai”, ha risposto su Facebook Salvini, dopo la notizia del mancato pentimento del giornalista.
Sanfilippo, nel difendersi, ha detto che non esiste una policy interna all’azienda sul comportamento dei propri dipendenti sui profili social privati. E proprio questo è un aspetto evidenziato da chi lo critica e, contestualmente, chiede che da viale Mazzini si pensi a un vademecum in materia: “Le affermazioni pubblicate dal caporedattore di Rai Radio1, Fabio Sanfilippo, sul proprio profilo Facebook sono molto gravi e il procedimento disciplinare avviato dalla Rai appare senz’altro doveroso – ha commentato il presidente della commissione di Vigilanza, Alberto Barachini – La vicenda conferma, ancora una volta, la necessità e l’urgenza di quel codice etico per l’utilizzo dei social network da parte del personale e dei collaboratori della Rai, alla cui stesura la Commissione di Vigilanza sta lavorando. Un uso dei social network come quello del caso di specie ha, infatti, un forte impatto reputazionale sull’Azienda concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo”.
Concetto espresso dal cdr del Giornale Radio e di Radio 1 che, in una nota, “ribadisce che i giornalisti della testata sono e saranno sempre totalmente contrari al linguaggio d’odio presente nei media e nella società civile, consapevoli di dover essere un esempio nel delicato ruolo dell’informare. Radio 1 e il Giornale Radio continueranno a contraddistinguersi per la professionalità, la sobrietà e l’imparzialità nei contenuti delle trasmissioni e dei suoi giornalisti, nel rispetto della deontologia professionale e delle leggi. Resta la necessità di una policy condivisa che regolamenti l’accesso e l’uso dei social da parte dei propri dipendenti, come sollecitato non da oggi dall’Usigrai, e che anche il cdr auspica che veda la luce al più presto”.
È d’accordo anche il deputato del Partito democratico Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai, che, per giustificare la richiesta di un regolamento interno, elenca una serie di casi simili a quello di Sanfilippo: “Basti ricordare – scrive in una nota – il tweet omofobo oltreché offensivo nei confronti del Pd del giornalista del Tg2, Luca Salerno, che ha dovuto poi scusarsi e cancellarlo. Ci sono poi i continui messaggi offensivi della sua collega, Anna Mazzone, che su Facebook ha insultato ripetutamente il Pd, tanto da costringere l’azienda a inviare una raccomandazione al direttore del Tg2. Raccomandazione che non ha sortito alcun effetto. Addirittura Facebook ha cancellato alcuni commenti della giornalista perché ritenuti di incitamento all’odio. Va ricordato, inoltre, il like inserito (e poi rimosso) dal direttore del Tg2 Sangiuliano ad un tweet del senatore di Forza Italia Gasparri che chiedeva di tappare la bocca al sottoscritto”.