Ci sono soltanto un divano, un tavolino e una sedia. Lì è seduto un ragazzo sui 35 anni. Maglietta e jeans, sneakers, montatura scura dai bordi dritti. Prende i fogli che gli consegno, l’anagrafica coi miei dati e l’elenco dei quattro pezzi scelti per il provino. Mi guarda, sorride e andiamo dritti al punto: «Hai scelto Amy Winehouse, mi piace. Partiamo con Back to black».
È il momento del (primo) giudizio per partecipare a X Factor (che riparte il 12 settembre su SkyUno, ndr). Arrivare in quella stanza d’albergo è questione di pochi clic: basta iscriversi online, aspettare la chiamata dello staff e scegliere la città dove si vogliono fare le selezioni. Compilare quella che chiamano “anagrafica”, indicare professione (scrivo che gestisco un bed and breakfast, non che sono un’imbucata per il mio giornale), le “esperienze che ti hanno cambiato la vita”, quattro pezzi da cantare per le selezioni con annessa chiavetta usb con le basi, tutte scaricate da Youtube. Data, luogo e poi via, dentro un serpentone di centinaia di aspiranti vincitori, curiosi, professionisti e amatori. È cosi che funziona la selezione del talent più seguito degli ultimi anni, che regala un appeal da star anche ai volti acqua e sapone. Come quelli che in una giornata di fine maggio sono qui a Milano e che, se andranno avanti, vireranno su un look da palcoscenico. Televisivo.
In quella stanza si gioca la prima fase della partita. Durante Back to black il giudice-non-vip continua a scrivere sui miei fogli rapido, mi guarda, ma soprattutto ascolta, pensa. Annota. Solleva lo sguardo per chiedermi anche Amore di plastica di Carmen Consoli. Eseguo e lui tiene il ritmo col piede, si gode il pezzo e scrive. Domanda perché sia lì, cosa mi abbia spinto a partecipare alle selezioni. Cerca un approccio rilassato. Lo stress e la tensione che il montaggio tv racconta, qui non c’è.