Un disastro di proporzioni inedite, con 1700,8 chilometri quadrati persi il mese scorso, rispetto ai 526,5 di un anno fa. La deforestazione dell’Amazzonia, quest’estate colpita duramente dagli incendi, è cresciuta del 300% ad agosto rispetto allo stesso mese del 2018, e di quasi il 100% nei primi otto mesi del 2019. Una cifra che porta gli esperti a non escludere che alla fine dell’anno possano superarsi i 10mila chilometri quadrati di vegetazione rasa al suolo. E quest’anno l’impatto dei roghi è stato devastante: ad agosto, periodo nel quale la siccità e gli incendi naturali sono più intensi, i roghi hanno avuto un notevole aumento a causa delle azioni criminali degli agricoltori, in particolare dei produttori di soia e dei disboscatori. Intanto un altro difensore dei diritti degli indigeni, Maxciel Pereira dos Santos, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco davanti alla sua famiglia a Tabatinga, vicino al luogo in cui vari leader americani hanno firmato un trattato per la protezione della foresta amazzonica. Negli ultimi 12 anni Pereira dos Santos aveva lavorato per proteggere la popolazione indigena nell’area di Tabatinga, vicino al confine con Parù e Colombia. Tutti gli elementi a disposizione fanno pensare che sia stato assassinato “a causa della sua lotta contro le pratiche illegali nel territorio indigeno Vale do Javari“, ha dichiarato un’associazione che si occupa di diritti delle popolazioni native. Vale do Javari ospita “il più grande numero di popoli indigeni isolati del mondo” ed è “continuo obiettivo di organizzazioni criminali per lo sfruttamento illegale di caccia, pesca, legname e oro”, ha proseguito. Nell’ultimo anno nella zona sono stati commessi quattro attacchi contro i difensori dei diritti umani.

Per i roghi nessuna condanna – Una delle principali iniziative avviate dalla giustizia brasiliana per punire coloro che deforestano illegalmente in Amazzonia, scrive il portale di notizie Uol, ha già generato 2.539 cause legali dal 2017, ma nessuna condanna definitiva. La maggior parte dei processi si concentra in quattro stati: Mato Grosso, Parà, Rondonia e Amazonas.

L’elaborazione delle azioni è svolta da Amazonia Protege, un progetto della procura federale brasiliana creato come risposta ai crescenti tassi di disboscamento nella regione. Il progetto si basa sui dati elaborati dal satellite Prodes (Progetto per il monitoraggio della deforestazione nell’Amazzonia Legale) usato dall’Istituto nazionale per le ricerche scientifiche (Inpe), legato al ministero di Scienza e Tecnologia di Brasilia. La prima azione è stata portata in tribunale l’8 novembre 2017, mentre la più recente è dello scorso 17 maggio. In pratica, si tratta di 141 azioni al mese per un periodo di un anno e mezzo, ovvero cinque al giorno. In totale, la procura federale addebita ai 2.882 imputati una somma pari a 5,1 miliardi di reais (11,3 miliardi di euro) di indennizzi.

Le cause si basano sui dati della deforestazione registrati tra agosto 2015 e luglio 2017. “Il numero di azioni coincide con gli Stati che concentrano la più alta tassa di deforestazione”, ha affermato il pm Daniel Azeredo, uno dei membri di Amazonia Protege. Tra gli imputati ci sono aziende e privati. Il maggiore è l’impresa di legname Manasa Madeireira Nacional, bersaglio di 63 cause. Il secondo più grande è Iglisson Fraitag de Franca, un agricoltore cui si atribuiscono 57 casi di disboscamento illegale.

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