Adesso si dice che Matteo Salvini ha commesso un grande errore “tattico”, molti dicono che a prevalere è stato il riflesso trasformista del poltronismo dei “renziani” e “grillini” ma io la vedo – o la vorrei vedere? – diversamente. L’errore tattico non l’ha fatto Salvini da solo con un colpo di testa. In quanti gli chiedevano già da tempo di strappare l’alleanza per andare al voto e vincere? Cosa volevano i presidenti di Regione leghisti o paraleghisti, i sindaci eletti col centrodestra? Di rompere, mollare, affogare i 5 stelle. Tutti pensavamo da tempo che l’avrebbe fatto… Era una cosa logica, in un certo senso.
(Qualcuno dice che se l’avesse fatto prima – cioè subito dopo le Europee – gli sarebbe riuscita. Non vedo la differenza, a meno di non credere che davvero il tentativo sia fallito perché si sarebbe dovuto votare in autunno invece che in estate). Una lettura tutta di vertice della vicenda ci dice che Salvini, come del resto gli altri attori politici, avevano escluso la possibilità che Matteo Renzi volesse e potesse cambiare la sua posizione. Quella è stata la vera sorpresa.
Ma credo – mi piace credere, ma ci credo – che dietro le posizioni impreviste prese da Renzi e da Beppe Grillo ci fosse, ci sia, la profonda e legittima paura che il salvinismo ha provocato in settori importanti della società italiana. Dico salvinismo perché a far paura non è tanto il cinismo del Truce ma il meccanismo di alimentazione del suo recente successo, tale forse da poter addirittura sfuggire al suo controllo.
Se ti accorgi che più bieco e reazionario e semplicista sei e più hai successo, perché ti dovresti frenare? L’errore tattico quindi non l’ha fatto Salvini da solo, ma tutto il mondo del suo consenso attivo. Compresi in un certo senso i suoi elettori. Noi invece eravamo talmente mortificati da sottovalutare la possibilità che si creasse una sorta di unità antisalvinista. Onore a chi nel Pd e a sinistra ha sempre sostenuto che bisognava sempre provare ad abbattere il muro tra Pd e 5 stelle.
Qualcuno ha ironizzato sui marxisti per Giuseppe Conte, sulla sinistra-sinistra che a differenza di Nicola Zingaretti non poneva quella pregiudiziale. Al fondo, la differenza tra chi in queste settimane è stato più favorevole e chi è stato più restio, o addirittura resta contrario, all’intesa Pd-5s-LeU in cosa consiste, o meglio da dove viene?
In prima battuta si potrebbe dire che viene da una differenza di giudizio sui 5 stelle. Ma se si tralasciano le posizioni troppo illogiche “non voglio nessuno e niente” e quelle di facciata “andiamo alle elezioni per vincerle” la differenza di fondo è sul salvinismo, non sui 5 stelle. Forse avrete letto il contrasto tra Non aver paura (di Salvini) di Lucia Annunziata e Abbiamo ragione ad aver paura di Norma Rangeri. Ma voglio riportare alcune frasi che mi sembrano emblematiche dell’atteggiamento di una parte del mondo del – diciamo – centrosinistra.
“…nella peggiore ipotesi si perdeva avendo però costruito nello scontro una ipotesi di alternativa più forte e più credibile ed avendo eliminato elettoralmente e culturalmente l’equivoco 5Stelle, creando un nuovo bipolarismo centrodestra-centrosinistra. Salvini rappresenta una destra europea inquietante (che però, come dice Macaluso, non è il fascismo) ma la Lega è un fenomeno un po’ più complesso. A differenza dei 5Stelle (proprietà di una Srl e dominati da una cultura realmente eversiva rispetto alla democrazia liberale) la Lega è un partito con dinamiche interne (nascoste da una disciplina “leninista”) con un radicamento reale nel Nord (garanzia rispetto all’uscita da Europa e Euro). Inoltre, in un centrodestra vincente ci sarebbe anche (sia pur minoritaria) una presenza di Forza Italia. Ci sarebbe in ogni caso la ripresa di una dialettica politica più razionale”.
In queste parole di Mario Raffaelli si capisce come per una parte del centrosinistra la Lega sia sì un avversario, ma meno inquietante e spiazzante dei 5 stelle. Non potendo sconfiggere tutti e due, per loro è meglio intanto sconfiggere i 5 stelle. Viceversa chi è stato dentro, o più vicino, ai movimenti per i diritti, per la solidarietà, per l’ambiente, vede nella Lega non solo un avversario ma un pericolo reazionario intollerabile.
Non è un caso quindi che in linea generale a sostenere la nascita della alleanza Pd-5s-LeU siano stati gli esponenti e i cittadini più di sinistra, a contrastarla invece quelli più centristi. Certo, ciò che ho appena scritto sembra contraddetto dalla posizione (spiazzante e inattesa) presa da Renzi e da quasi tutti i suoi, ma quella è una scelta più di élite politica, e difatti il mondo renzista si è spaccato (così come, al contrario, la posizione dei Verdi e soprattutto dei Radicali contraria all’accordo sembra contraddire il mio schema, ma è solo una vicenda molto specifica di gruppi specifici, direi di “ceto politico”).
Accanto a tutto ciò, ovvero alla percezione più o meno acuta della Lega come pericolo, c’è la grande confusione, non solo nella gente comune ma anche in chi la politica la segue di più, su cosa intendere per “ribaltone” e sulle dinamiche politiche. Da discutibile, ma tollerabile camicia di forza sul pluralismo politico, la logica del maggioritario e del bipolarismo forzato è diventata da qualche anno un pericolo micidiale per le cosiddette democrazie occidentali.
Grazie a questa logica le nuove destre neonazionaliste, reazionarie e (se proprio si vuole usare questa parola) populiste possono prendere il potere senza neanche la maggioranza assoluta degli elettori e senza neanche la fatica di mediare accordi. Sembra che se ne stia accorgendo anche il Pd, che su quella logica maggioritaria è nato e cresciuto, e che anche il Movimento 5 stelle abbia capito che le alleanze, gli accordi e i cambi di alleanze non sono un male in sé, anzi sono necessari. Se si alleano oggi due partiti che si sono visceralmente attaccati fino a poco fa, l’errore non sta nel fatto che oggi si alleino, ma nella visceralità precedente, in gran parte priva di veri contenuti.
Nel paese europeo (non dell’Est) in cui la destra xenofoba omofoba illiberale antiambientalista sviluppista nazionalista flattaxista etc. è più forte, non si può correre il rischio di regalarle tutto il potere col sistema maggioritario. Il sistema proporzionale è il più adeguato e comporta sempre alleanze. Si spera alleanze che escludano la Lega, come in Germania si esclude l’Afd, come in Francia si esclude il Front National. Almeno finché la Lega è quella che abbiamo visto in questi ultimi anni.
Dopo anni di mitologia della semplificazione maggioritaria, riprendere a ragionare in termini di alleanze e di forze anche minori da rappresentare, insomma in termini politici, non è immediato. Ma è necessario.