Economia

Dazi, Moody’s: “Negli Usa già persi 300mila posti di lavoro a causa della guerra commerciale con la Cina”

Il manifatturiero ha iniziato a contrarsi per la prima volta negli ultimi tre anni, con molti produttori messi fuori gioco dai prezzi più alti. Aumentano i timori di una recessione, che toglierebbe a Trump l’arma più potente per la rielezione: il boom economico. Molti investitori sono convinti che sarà costretto a un accordo con Pechino

Altro che toccasana per l’economia statunitense. Secondo Moody’s Analytics, la guerra dei dazi con la Cina ha già causato la perdita di 300mila posti di lavoro negli Usa. E secondo Mark Zandi, chief economist della società, l’escalation del conflitto commerciale tra Washington e Pechino comporterà un’emorragia di 450mila posti entro la fine dell’anno e 900mila entro la fine del 2020, se non ci saranno cambiamenti. Donald Trump finora ha sempre sostenuto che la Cina è stata l’unica a pagare le conseguenze dei dazi, che in realtà hanno già messo a durissima prova gli agricoltori e ora stanno colpendo manifattura, distribuzione e commercio.

E anche altri dati supportano le previsioni di Moody’s Analytics. Quest’anno sono stati creati 1,3 milioni di posti di lavoro, contro 1,9 milioni dello stesso periodo nel 2018. Il manifatturiero ha iniziato a contrarsi in agosto per la prima volta negli ultimi tre anni, con molti produttori messi fuori gioco dai prezzi più alti causati dai dazi di Trump. Tutti elementi che aumentano i timori di una recessione, che toglierebbe al presidente l’arma più formidabile per la sua rielezione: il boom economico. Molti investitori sono convinti che il tycoon sarà costretto a un accordo con Pechino per evitare che l’economia americana freni facendogli perdere la Casa Bianca.

Oggi la Cina è sembrata porgere un ramoscello d’ulivo con una prima tranche di esenzioni in vista della ripresa dei negoziati a Washington a metà settembre. E Trump se n’è vantato su Twitter. Ma Pechino aveva già annunciato che avrebbe concesso esenzioni per i prodotti non facilmente reperibili altrove, come il siero di latte. E la lista ne comprende solo 16 – tra cui alcuni prodotti farmaceutici anti tumorali, erba medica, farina di pesce, pesticidi, alcuni lubrificanti e alcuni ingredienti per l’alimentazione animale – su oltre 5000. Nessuna eccezione è stata fatta per la soia, la carne di maiale e le auto, settori chiave perché legati alla base elettorale del tycoon. Colpire gli agricoltori e gli operai significa minare il sostegno a Trump per restare alla Casa Bianca. Ma ‘The Donald’ è sicuro di vincere e ha già ammonito Pechino che l’accordo sarà molto più duro se attende le elezioni sperando di negoziare con un presidente dem.