La prima cittadina di Torino ha parlato ai microfoni di Centocittà su Radio1, spiegando il motivo per cui ha rifiutato un incarico nel nuovo esecutivo: "Il sindaco è sindaco, rimane in trincea, quindi bisogna assolutamente portare a termine il proprio mandato"
“Effettivamente mi ha chiamata Luigi (Di Maio ndr.) proponendomi di entrare nella squadra di governo“, ma “sono stata eletta per fare la sindaca e ne sono orgogliosa”. Così la prima cittadina di Torino, Chiara Appendino, ha spiegato ai microfoni di Centocittà, su Radio1, prima di essere stata invitata a far parte del nuovo esecutivo e poi i motivi del rifiuto.
“Sono stata molto sorpresa della cosa e ho condiviso con lui alcune riflessioni. La prima è che il sindaco è sindaco, rimane in trincea, quindi bisogna assolutamente portare a termine il proprio mandato”, ha proseguito l’esponente del Movimento 5 stelle. Inoltre, ha detto ancora, “ho dei progetti da portare a conclusione“. Tanti, ha ricordato, quelli avviati con il Conte 1, con cui, “ho lavorato bene”: “Come le Atp Finals di tennis e l’area di crisi che dovrebbe portare sul territorio circa 150 milioni di euro per il rilancio dell’industria dell’automotive e dell’aerospazio. Ovviamente mi aspetto che con questo governo si possa procedere e accelerare”. La fiducia comunque è piena. “Come Città, sono contenta che ci sia un nuovo governo – ha ribadito Appendino – andare al voto non sarebbe stata una risposta congrua, sono convinta che sia un’ottima squadra, il presidente Conte si è fatto conoscere negli ultimi 14 mesi, sono certa che farà bene”.
La Appendino ha poi sottolineato il ministero già ottenuto dalla città di Torino, quello dell’Innovazione, assegnato all’assessora della sua amministrazione, Paola Pisano. “È un bel riconoscimento, la città si è fatta riconoscere per la sua capacità di puntare sull’innovazione e adesso diventa un modello per il paese”.
La prima cittadina ha poi approfondito alcune delle problematiche centrali del nuovo esecutivo: “Sull’immigrazione il tema non è porti aperti o porti chiusi ma costruire una politica che sia condivisa con la Ue e, dunque, con sistemi di ricollocamento“. “La questione – ha concluso, ricordando il progetto che a Torino ha portato allo sgombero e ricollocazione delle palazzine occupate dell’ex Moi – non è se apro o no i porti ma che tipo di accoglienza offro alle persone che arrivano e nell’ottica di una revisione più condivisa del decreto sicurezza bis di cui ha parlato anche il Quirinale, che tipo di percorso offro a loro”.