di Andrea Taffi
L’ultimo atto istituzionale propedeutico alla nascita ufficiale del nuovo governo giallo-rosso, vale a dire la fiducia al Senato della Repubblica, mi ha fatto venire in mente una favola di Andersen: “I vestiti nuovi dell’imperatore”, con Giuseppe Conte nella parte del protagonista, l’imperatore appunto.
Ecco che il Movimento 5 stelle, il Pd e tutti coloro che, politici o no, sostengono il governo Conte 2, sono i sarti furbi della fiaba di Andersen, che cercano di convincere l’imperatore (in realtà nudo) di indossare un magnifico vestito confezionato ad arte da loro. Nessuno dei sudditi ha il coraggio di dire come stanno veramente le cose, di confessare che il re non è affatto vestito. Nessuno tranne un bambino, che, col candore tipico della sua età, riferisce solo quello che vede, solo la verità che gli si apre davanti agli occhi, che il re è nudo.
Se, durante la fiducia del nuovo governo al Senato, Conte mi ha ricordato l’imperatore della fiaba di Andersen, Matteo Richetti, con la sua dichiarazione di voto, mi ha rammentato il bambino di quella stessa fiaba. Fra tutti gli esponenti del Movimento 5 stelle e del Pd presenti in aula, lui è stato l’unico che ha detto che il re-Conte è nudo, che il suo governo non merita la sua fiducia, perché Conte, alla guida del precedente governo giallo-verde, ha firmato leggi vergognose (decreti sicurezza; legittima difesa), e che se Salvini non avesse deciso di staccare la spina, lui sarebbe ancora presidente del Consiglio di quel governo. Per Richetti, Conte avrebbe dovuto dire prima quello che ha detto in Senato all’atto della fiducia.
Ora, che il governo giallo-rosso sia necessario per evitare le elezioni e dunque la vittoria di Salvini e che questo sia lo scopo principale (se non unico) della sua nascita, pur essendo oramai pacifico, non toglie di per sé valore a quel governo, né lo depotenziare in chiave del raggiungimento di risultati buoni e possibili. Quindi Richetti, come tanti altri suoi colleghi, votando la fiducia avrebbe fatto di necessità virtù. E non è nemmeno questione di coerenza, quella che Richetti ha dimostrato di possedere. No, la forza delle parole di Richetti sta nell’aver detto quello che tutti pensano, ma che non hanno il coraggio di dire.
Il governo giallo-rosso è un governo del sollievo, quello derivante dallo scampato pericolo di elezioni immediate e di vittoria di Salvini e della destra. E questo a qualcuno (a Richetti per esempio) non piace, ad altri (la stragrande maggioranza dei parlamentari 5 stelle e Pd) sì. Ma quello che Richetti, in ultima analisi, ha ricordato al Senato è che non bisogna dimenticare come è nato e perché è nato il governo Conte 2. Del resto è solo avendo ben chiaro in mente quello che è successo prima di questo governo, sarà possibile avere altrettanta chiarezza su quello che dovrà accadere dopo.
Per evitare che il sollievo passi presto, lasciando di nuovo il posto al dolore, un dolore che rischia di essere duraturo e più forte di prima.
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