Il reato di stalking non è assorbito da quello di omicidio. Con questa motivazione i giudici della Corte d’Appello hanno condannato all’ergastolo Vincenzo Paduano, l’uomo che uccise e poi diede alle fiamme l’ex fidanzata Sara Di Pietrantono, a maggio del 2016. L’assassinio avvenne in via della Magliana a Roma. L’ex guardia giurata, reo confesso, raccontò di aver aggredito, tramortito, strangolato e e poi bruciato la studentessa di 22 anni.
Già condannato in primo grado all’ergastolo nel maggio del 2017, Paduano nel primo appello, a maggio del 2018, aveva ricevuto una riduzione di pena a 30 anni, perché, come riportava l’avvocato di parte civile “il reato di minacce era stato ‘assorbito’ dai reati più gravi”, pur trattandosi di una “sostanziale conferma del primo grado”. Una pena non sufficiente per la Cassazione che nell’aprile del 2018 ha annullato la sentenza di secondo grado, rinviando a un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Roma e accogliendo così il ricorso del procuratore generale che aveva chiesto di ripristinare la pena dell’ergastolo stabilita in primo grado.
Il 28enne è stato quindi condannato per due reati distinti, l’omicidio pluriaggravato e lo stalking. La Corte d’Appello ha perciò accolto la decisione dei giudici della Suprema Corte che nelle motivazioni della sentenza avevano sottolineato come “la tesi per la quale il delitto di omicidio aggravato assorbe il delitto di atti persecutori è errata”.
Sara venne uccisa il 29 maggio di tre anni fa. A condurre le indagini all’epoca erano stati gli agenti della squadra mobile che, sentiti i familiari e gli amici della vittima, arrivarono in poco tempo a individuare Paduano che non si rassegnava alla fine della relazione, continuando a perseguitare la giovane studentessa. Il vigilantes confessò di aver ucciso la ragazza per gelosia. Secondo la ricostruzione di quella notte, Paduano, mentre era di turno, lasciò il posto di lavoro e arrivò sotto casa del ragazzo con cui usciva Sara. Aspettò che la 22enne lo riaccompagnasse a casa e iniziò a seguirla. Prima speronò l’auto, costringendola a fermarsi, poi la bloccò in strada, tramortendola, strangolandola e poi dandola alle fiamme.