Nell’ordinanza di 98 pagine emerge come “gli incidenti continuino a verificarsi”. I dubbi su un incidente "occultato" nella stazione Libia i codici di guasto 'aggiustati'. Per il giudice la vicenda è "riprovevole" e dimostra il "disinteresse per la sicurezza". Il dirigente intercettato: "Io c’ho i treni che so scadute le revisioni così utilizziamo le medicazioni"
“Se famo er calcolo delle probabilità, su 700 ne sarebbero venute giù altre 3 o 4, dai”. Questa frase, pronunciata dal direttore d’esercizio Renato D’Amico, dimostrerebbe secondo gli inquirenti come i dirigenti Atac, la società dei trasporti della Capitale, abbiano messo in conto i possibili incidenti derivanti dall’assenza di manutenzioni adeguate alle scale mobili della metropolitana di Roma. Quelle di tutte le linee, sia sulla A, dove fra dicembre e marzo sono avvenuti gli incidenti alle stazioni di Repubblica (con il ferimento dei tifosi russi del Cska Mosca) e Barberini, sia le linee B e B1, dove emerge dalle carte degli inquirenti che il 10 aprile scorso sarebbe avvenuto un incidente simile alla stazione Libia (aperta appena 4 anni fa) e opportunamente occultato “perché sennò arriva la procura e chiude tutto”.
I pm: “Manomissioni e incidenti proseguono”
Nell’ordinanza di 98 pagine con la quale il gip di Roma, Massimo Di Lauro, ordina l’interdizione dai pubblici uffici per un anno a tre dirigenti Atac e uno della società napoletana Metro Roma Scarl e informa delle indagini altri 12 indagati, emerge come “gli incidenti continuino a verificarsi”. Per il giudice, infatti, “permangono problematiche tecniche legate a pregressi o attuali manomissioni, il tutto da rendere non escludibile l’avverarsi di ulteriori sinistri che potrebbero trovare epilogo di minore gravità solo per il verificarsi di concomitanti circostanze cioè favorevoli agli utenti”. Non solo. Nonostante nel marzo scorso la sindaca Virginia Raggi abbia chiesto la revoca del contratto di manutenzione alla ditta partenopea – appalto assegnato alla società Schindler – secondo i pm della procura di Roma, “di fatto, sugli impianti sembra operare ancora la Metro Roma scarl con l’attuale continuo compimento di alterazioni e manomissioni atte ad escludere importanti dispositivi di sicurezza degli impianti di traslazione”.
Il dipendente della ditta: “Scala frena? E che ne so”
Quando i magistrati, subito dopo il grave incidente a Repubblica, hanno ascoltato alcuni addetti alla sicurezza di Atac, uno di loro ha affermato che era stato imposto ai dipendenti di Metro Roma Scarl di “non utilizzare alcuni codici di guasto, in quanto gli stessi avrebbero generato penali per l’azienda e pertanto andavano sostituiti con altri”, cosa che secondo gli inquirenti “la dice lunga sul consapevole coinvolgimento dei suoi vertici”. In occasione del guasto alla stazione Spagna, che indusse Atac a chiedere la chiusura della stazione – determinando il blocco contemporaneo delle tre fermate principali e centrali della linea A – è emerso come la manutenzione sia stata realizzata “in modo da non far comprendere quali effettivamente siano stati gli interventi sulla scala mobile oggetto del sinistro” e “se detti interventi vi siano effettivamente stati”. “E che ne so io”, aveva risposto piccato Giuseppe Ottuso, il dirigente Metro Roma interdetto rispondendo – come si legge in un’intercettazione – alla domanda di un suo superiore se la scala mobile 31 della stazione Barberini frenasse o meno.
Il direttore: “Chiusure esagerate, bisogna medicare”
Oltre che dall’incidente “occultato” alla fermata Libia, dalle carte emerge come si siano rilevate forti criticità anche in altre zone di Roma, a Cornelia, ad esempio, e alle fermate della Roma-Viterbo Euclide e Labaro: si parla di “un report delle manutenzioni che gli ha mandato Bucci, dove risultano essere state fatte manutenzioni sui servo scala delle stazioni di fatto mai messi in funzione” in quanto “l’Ustif non c’ha mai dato i nulla osta”. Nel caso di Cornelia è lo stesso direttore D’Amico ad ammettere: “Non abbiamo mai fatto controlli qui”, per poi prendersela con la magistratura: “È una mossa esagerata da parte loro” chiudere le stazioni centrali della linea A. Su quest’ultimo punto emerge l’intercettazione sempre fra D’Amico e il dirigente Atac Federico Chiovelli: “Io c’ho i treni che so scadute le revisioni – ammette il direttore d’esercizio – così utilizziamo le medicazioni (interventi alla buona, ndr), mica blocchi tutto, dai! E che cosa gestisci, devi fa il lavoro in sicurezza valutando e trovando soluzioni di medicazione”.
La risposta unica all’esterno: “Va tutto bene”
Secondo i magistrati, si tratta di una “vicenda riprovevole in cui gli indagati per cariche rivestite e conseguente possibilità di incidere sui processi decisionali hanno dimostrato un particolare disinteresse per la sicurezza degli impianti di traslazione della metro capitolina”. E ancora: “la amara verità è che se non vi fosse stata la vigoria di alcuni tifosi di cittadinanza russa che con il loro peso corporeo sono riusciti a scatenare l’inferno all’interno della centralissima stazione di Repubblica, molto probabilmente l’indegna gestione degli impianti di traslazione non sarebbe mai venuta alla luce”. Eppure, per Atac e per la sua ditta appaltatrice, ogni volta la risposta – come evidenziato dai magistrati nell’ordinanza – era: “Va tutto bene”.