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Difesa, dagli F35 alla Libia: quali sono per me i temi caldi che Lorenzo Guerini dovrà affrontare

Dopo Elisabetta Trenta, ora tocca al neo ministro Lorenzo Guerini affrontare i temi caldi del settore Difesa. Uno su tutti quello riguardante gli F35, che oltre ai rapporti con la Nato, potrebbe incidere anche sui livelli occupazionali di alcuni stabilimenti nei prossimi anni, primo fra tutti quello di Cameri, con il rischio cassa integrazione per i dipendenti. La questione centrale resta l’utilità di questi velivoli soprattutto in teatro di guerra, mentre il dibattito scivola su aspetti secondari come la sudditanza a Donald Trump.

In merito all’esportazione e ai programmi della Difesa, si punterà ad accordi bilaterali con i vari governi a cominciare da quello inglese. Non a caso le aziende leader nel settore della difesa del Regno Unito (Bae Systems, Leonardo UK, Rolls Royce e Mbda UK), insieme agli attori principali dell’industria italiana (Leonardo Italia, Elettronica, Avio Aero e Mbda Italia) hanno annunciato l’intenzione di collaborare alle attività relative al Combat air system Tempest firmando una dichiarazione di intenti.

La firma della Dichiarazione di Intenti fa seguito all’impegno del Regno Unito e dei governi italiani verso una stretta collaborazione nell’ambito della difesa aerea, sia su prodotti come il Typhoon e l’F-35, sia sul Tempest, il velivolo di nuova generazione annunciato dal Regno Unito. C’è poi la questione migranti unita a quella libica.

L’Italia ha un contingente dell’esercito di circa 300 soldati di stanza a Misurata, una città costiera circa 190 chilometri a est della capitale Tripoli. Sono lì come parte di una missione per eseguire e fornire sorveglianza a un ospedale militare in città. L’operazione anti-tratta dell’Ue, Sophia, nel Mediterraneo era stata osteggiata dall’ex ministro degli Interni Matteo Salvini che sosteneva l’iniquità di un sistema che scaricava sui nostri porti tutte le operazioni finali di sbarco.

L’obiettivo prioritario dell’operazione è quello di contrastare il traffico di esseri umani lungo la rotta che va dalle coste libiche all’Europa, mettendo in atto misure sistematiche per individuare, fermare e mettere fuori uso imbarcazioni e mezzi usati o sospettati di essere usati dai passatori o dai trafficanti. Un nuovo atteggiamento verso l’Operazione Sophia, lungo la rotta del Mediterraneo centrale dalla costa libica all’Europa, potrebbe ora ottenere supporto da diversi paesi europei tra cui – prima di tutto – la Germania.

Sul fronte libico Fayez Al Serraj pare sia tornato in vantaggio sul generale Khalifa Haftar e questo per l’Italia è un bene. Le truppe di Haftar sarebbero provate dalle recentissime sconfitte. L’ultima operazione su vasta scala è stata lanciata il 27 agosto per riprendere Gharyan, utilizzato come centro logistico dalle forze di Haftar ed espugnato dalle forze di Misurata del Gna (Governo di accordo nazionale libico) a fine giugno.

Le truppe di Haftar avevano lanciato un attacco a sorpresa prima con i caccia e i droni e poi con le forze di terra. L’azione improvvisa era stata scatenata da due direttrici e aveva permesso loro di conquistare Ghout Al-Reeh, a circa 45 chilometri da Gharyan, con una seconda colonna di uomini e mezzi che aveva preso Alasaba. Entrambe le colonne si erano poi dirette verso Tagharna, a soli quattro chilometri da Gharyan, dove però sono state bloccate, sconfitte e disperse dalle milizie locali appoggiate da una brigata misuratina.

Infine in Afghanistan il destino dell’Italia è invece legato alle trattative Usa con i Taliban, dove l’accordo che sembrava cosa fatta ora si è reso complicato facendo saltare i nervi a Trump che sperava nel clamoroso annuncio del ritiro proprio nel diciottesimo anniversario dell’11 settembre.