Clarissa Matrella, ex presidente dell’associazione Butterfly di Cattolica, è stata arrestata a Rimini con l’accusa di estorsione, malversazione e truffa. Le accuse sono pesantissime: avrebbe truffato le donne vittime di violenze e stalking facendosi pagare per raccogliere prove a carico degli autori di violenza e avrebbe intascato finanziamenti destinati a progetti sociali.

La notizia ha suscitato sgomento e sconcerto tra le attiviste e le operatrici che ogni giorno lavorano o svolgono attività nei Centri antiviolenza per le donne vittime di violenza e contribuiscono alla realizzazione di tutti i progetti che sostengono le donne in uscita da situazioni di maltrattamento. Da tempo il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna nell’esercizio della propria funzione di vigilanza su quanto avviene sui territori nel contrasto alla violenza sulle donne, aveva presentato vari reclami alle istituzioni contro l’indebito utilizzo di fondi pubblici da parte dell’associazione Butterfly tanto è vero che l’associazione non era stata compresa nel registro dei Centri antiviolenza riconosciuti dalla Regione Emilia-Romagna (qua l’elenco).

Il registro è stato istituito nel 2018 in attuazione del Piano Regionale Antiviolenza ed ha stabilito i requisiti per entrare a far parte della Rete dei Centri antiviolenza e delle Case Rifugio dell’Emilia Romagna, indicando gli standard dei servizi, delle competenze delle operatrici, della formazione, dell’aggiornamento e della supervisione. L’iscrizione al Registro è anche un requisito necessario per poter accedere ai finanziamenti pubblici.

Oggi il registro regionale comprende 20 Centri antiviolenza, di questi, 14 sono associati nel Coordinamento Regionale dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna che ieri, in un comunicato stampa, ha preso le distanze dall’associazione Butterfly e dal suo modo di operare: “Oggi è nostro preciso dovere, pur considerato che le indagini sono tuttora in corso, fare chiarezza”, “un Centro antiviolenza lavora con le donne per offrire a loro e ai loro figli, protezione e sicurezza, svolge attività di prevenzione, sensibilizzazione, cultura. Ma offre anche sostegno legale e psicologico, supporto educativo, relazioni con servizi sociali e con le altre istituzioni, svolge formazione e aggiornamento continui”.

Ma due cose devono essere chiare, un Centro antiviolenza non chiede contributi o compensi alle donne che riceve in accoglienza o alle quali offre sostegno e ospitalità, e non svolge nessuna attività investigativa per raccogliere prove a carico di maltrattanti, un compito che spetta unicamente all’autorità giudiziaria.

Anche l’associazione Rompi il silenzio che opera a Rimini e Cattolica ha condannato l’operato dell’associazione Butterfly ed ha dichiarato “di non essere in alcun modo coinvolta, né interessata dai fatti dei quali si parla. Non chiede, né ha mai chiesto contributi di alcun genere alle donne, non effettua servizi a pagamento, ma al contrario fa fronte ogni giorno a compiti e doveri sempre nuovi e crescenti con le proprie operatrici e volontarie, e con l’indispensabile aiuto di tutti. Per Rompi il Silenzio, il Centro Antiviolenza di Rimini, la propria stessa identità sta dentro tutto questo e in molto altro ancora. Soprattutto, un centro antiviolenza si fonda sulla gratuità assoluta di tutti i servizi che offre alle donne, in linea con tutti gli standard nazionali ed europei”.

@nadiesdaa

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