La Corte dei Conti prima e gli ispettori della Ragioneria Generale dello Stato poi, segnalarono più volte all’amministrazione comunale di Reggio Emilia, tra il 2013 e il 2018, palesi irregolarità ed illeciti, anche di natura costituzionale, nelle modalità di assunzione del personale dirigente e nell’organigramma di governo dell’ente locale. Scelte compiute in violazione della “separazione tra indirizzo politico e gestione, che risponde ai principi di buon andamento e imparzialità nelle pubbliche amministrazioni, fissato dall’articolo 97 della Costituzione”.

Troppe società partecipate, troppe spese di rappresentanza – È questo il retroterra da cui sono partite le indagini della Guardia di Finanza e le due inchieste della Procura ordinaria di Reggio Emilia, che a febbraio e a giugno di quest’anno hanno portato a indagare complessivamente 33 persone tra dirigenti, ex assessori e liberi professionisti, con accuse che spaziano dal falso ideologico all’abuso d’ufficio, dalla corruzione alla turbativa d’asta.

I rilievi della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti avevano toccato temi e scelte di varia natura: dal richiamo al rispetto dell’equilibrio di bilancio alla segnalazione, anche nel 2018, di partecipazioni non corrette in società prive di dipendenti o senza prospettive di mercato. Fino a sottolineare un improprio e anomalo ricorso alle spese di rappresentanza, che per legge debbono rispettare il concetto di “sobrietà della spesa”. Nel 2011 il Comune di Reggio Emilia superò i 58mila euro, contro i 2mila di Bologna e i 6mila di Modena.

Gli ispettori della Ragioneria dello Stato in Comune – Più pesante la censura, nel novembre 2015, del regolamento relativo all’affidamento degli incarichi esterni, ritenuto “illegittimo” perché escludeva la gara pubblica. Nel luglio 2017 la contestazione della gestione dell’ufficio legale, per il rinnovo negli anni dei medesimi appalti ai medesimi avvocati. Sugli stessi temi si è inserita l’ispezione disposta, sempre nel 2017, dalla Ragioneria Generale dello Stato e che ha impegnato per 21 giorni due dirigenti dei Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica. La loro relazione conclusiva, firmata il 31 maggio di due anni fa, ha passato ai raggi x la gestione amministrativo contabile del Comune, a partire dal regolamento comunale approvato nel 2010 e successivamente integrato fino al 2016. Opera delle giunte guidate prima dal sindaco Pd Graziano Delrio e successivamente dal democratico Luca Vecchi.

I direttori che controllano e guidano i dirigenti – Prime “rilevanti anomalie nell’organizzazione amministrativa di vertice dell’ente” segnalate dagli ispettori riguardano i cosiddetti “direttori d’area”. Sono tre, ciascuno con molteplici funzioni, e “non paiono conformi al quadro legislativo di riferimento”. Secondo la norma vanno “nettamente distinte le funzioni proprie dei dirigenti da quelle degli organi di indirizzo politico”. Non ci può essere nessuna intermediazione che finirebbe per limitare i ruoli, “il che è invece esattamente quanto accade a Reggio Emilia”, grazie a questi direttori d’Area. I quali, secondo gli ispettori, hanno un trattamento economico “irregolare”, con “danno per l’ente locale”, e controllano i dirigenti in pianta organica con modalità che configurano “i tratti della subordinazione”. Un modello che “non appartiene in alcun modo agli enti locali”. La conclusione è perentoria: è violato attraverso queste “anomale figure intermedie (i direttori d’area), il principio costituzionale di imparzialità e buon andamento dell’azione della pubblica amministrazione, che si incarna nella distinzione tra poteri di indirizzo politico e compiti di gestione attiva”.

Dirigenti a termine assunti… per vent’anni – Nel 2017 a Reggio Emilia, 12 dirigenti su 40 erano assunti a tempo determinato, rispettando il limite di legge del 30%. Ma secondo gli ispettori era un rispetto solo formale perché diversi di loro avevano assegnati incarichi ad interim che ne aumentavano il peso percentuale. Sul reclutamento di questi dirigenti le censure più severe. “Solo in caso di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico” si può evitare il concorso, mentre a Reggio fino al 2013 il conferimento degli incarichi non prevedeva gare di evidenza pubblica ma era fatto a chiamata diretta e con rinnovo alla scadenza. Solo nel 2014 si sono avviate procedure pubbliche per 12 posti di dirigente. Ma dai criteri di selezione “emerge chiaramente che l’elemento principale di valutazione era la precedente esperienza di servizio”. Il risultato è che in 11 casi su 12 “il candidato che ha riportato il punteggio più alto è risultato essere il dirigente a tempo determinato già in servizio presso l’ente e con l’incarico in scadenza. E il dodicesimo è cambiato perché il vecchio dirigente ha presentato le dimissioni volontarie”. Di fatto “presso il comune di Reggio Emilia ci sono dirigenti a tempo determinato che ricoprono la stessa posizione anche da un ventennio”.

Gare chiuse, risultati scontati – La partecipazione alle gare inoltre “è stata immotivatamente preclusa a chi proveniva dai settori della ricerca universitaria e della magistratura”. Il maggior peso attribuito nel punteggio all’esperienza nel settore specifico ha fatto il resto, determinando “un vantaggio immotivato” per determinati soggetti. La conclusione è che “il numero dei partecipanti a ciascuna selezione è stato esiguo e ancor più esiguo il numero degli ammessi. In alcuni casi vi era un solo candidato”. L’osservazione finale riconduce al cuore del problema: “La reiterazione degli incarichi dirigenziali a tempo determinato agli stessi soggetti non sempre garantisce la realizzazione della separazione tra attività politica e attività amministrativa gestionale, principio cardine dell’organizzazione e del funzionamento degli apparati pubblici”.

Mansioni da dirigenti nello staff del sindaco e degli assessori – A ciò si aggiunge l’assegnazione frequente di incarichi dirigenziali fuori dalla pianta organica, prevista dalla legge solo in casi straordinari. Si è fatto un ricorso “amplissimo” a persone assunte dal sindaco e dalla giunta con carattere fiduciario e senza evidenza pubblica. Sono state assegnate responsabilità a dipendenti collocati in aspettativa e poi nuovamente assunti con compensi più elevati: “condotta contraria alla norma e foriera di danno”, perché “non vi è ragione di pagare di più chi è dipendente a tempo indeterminato sulla base del contratto collettivo nazionale di lavoro”.

L’effetto più grave di queste assegnazioni, definite dagli ispettori “una macroscopica anomalia”, è che “collocando in ruoli di presidio e coordinamento persone assunte mediante contratto fiduciario, gli organi di governo possono interferire nelle scelte dirigenziali, laddove le loro funzioni dovrebbero limitarsi a dare indirizzi generali. Anche per tale via… si lede il ruolo della dirigenza, la cui autonomia è a garanzia dell’imparzialità della amministrazione”.

Il Comune replica e si adegua – A tutto questo insieme di contestazioni l’amministrazione comunale di Reggio Emilia ha risposto con un dettagliato documento di 164 pagine che da un lato replica motivando le proprie scelte, dall’altro indica i provvedimenti correttivi decisi nei casi ritenuti doverosi. Siamo all’inizio del 2018, un anno prima degli avvisi di garanzia nelle due inchieste separate, coordinate dalla Procura di Reggio Emilia, che mettono complessivamente sotto accusa 33 persone.

La gestione politica insomma, è stata censurata per le ingerenze nella nomina e nelle attività dei dirigenti; i dirigenti sono finiti in seguito indagati con rilievi penali per gli appalti e le consulenze esterne nella gestione tecnica. Se e quanto tutto ciò fosse frutto della medesima filosofia di controllo dell’ente locale, ce lo diranno le eventuali richieste di rinvio a giudizio.

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