Al centro del processo c’è il presunto malfunzionamento – dal 2006 fino al 2013 - dei due impianti tmb (trattamento meccanico-biologico) di Malagrotta e l’attivazione senza autorizzazione del tritovagliatore di Rocca Cencia. La Capitale conta su questi impianti, ma Cerroni ha un piano per salvarla: riattivare un vecchio tmb e aprire una nuova discarica
La città di Roma aggrappata a Manlio Cerroni e ai suoi tre impianti. Gli stessi per i quali l’anziano re dei rifiuti capitolini dovrà affrontare l’ennesimo processo. Al centro del rinvio a giudizio ottenuto dal pm Alberto Galanti nei confronti del “Supremo”, infatti, c’è il presunto malfunzionamento – dal 2006 fino al 2013 – dei due impianti tmb (trattamento meccanico-biologico) di Malagrotta e l’attivazione senza autorizzazione del tritovagliatore di Rocca Cencia, ancora oggi affittato alla ditta di proprietà dell’imprenditore Giuseppe Porcarelli, anche lui fra le persone finite a processo. Impianti diventati imprescindibili per la città di Roma, vista la crisi della raccolta, acuitasi all’indomani dell’incendio dell’11 dicembre 2018 che ha distrutto il tmb Ama di via Salaria.
Le manutenzioni a Malagrotta e le difficoltà di Ama – Nel quartier generale del Consorzio Colari, a fianco all’ormai ex discarica più grande d’Europa, i due impianti di trattamento meccanico biologico lavorano circa 1250 delle 2600 tonnellate di rifiuti indifferenziati prodotti ogni giorno dai cittadini romani. Quasi la metà del fabbisogno, dunque, a un prezzo non indifferente: ben 137,15 euro a tonnellata contro i 120 euro di media in tutto il Paese. “Tariffa determinata dalla Regione Lazio”, tengono sempre a precisare dall’entourage di Cerroni. Da circa 2 anni gli impianti sono gestiti da un amministratore nominato dal tribunale, Luigi Palumbo. Il sistema è andato in tilt prima dell’estate, quando la E.Giovi – che fa parte del Colari – ha comunicato ad Ama la necessità di effettuare una lunga manutenzione sugli impianti, tale da impedire il conferimento di oltre 500 tonnellate al giorno. Operazioni che si sarebbero dovute concludere il 13 settembre, ma che si stanno prolungando oltremodo, tanto da spingere i vertici della municipalizzata capitolina a protestare ufficialmente, mettendo addirittura in dubbio il cosiddetto “incidente probatorio”, ovvero le motivazioni dei ritardi.
La riscoperta del tritovagliatore di Porcarelli – Il tema è che finché sono stati in funzione entrambi i tmb di Ama, quello di Salario e quello di Rocca Cencia, 1100 delle 1400 tonnellate mancanti finivano nei due siti pubblici, mentre le restanti 300 venivano assegnati ad altre regioni o portati addirittura all’estero. Ma dopo l’11 dicembre 2018 tutto è cambiato. Come primo atto, Roma ha dovuto chiedere alla Regione Lazio di autorizzare la trasferenza al vicino tritovagliatore oggi gestito dalla ditta Porcarelli. La differenza fra un tmb e un tritovaglio è che il primo produce scarti già pronti da portare in discarica (o da recuperare) mentre il secondo sminuzza soltanto i rifiuti. Fino a quel momento, visti anche i procedimenti penali in corso, in Campidoglio nessuno aveva avuto intenzione di dare nuovi spazi di manovra al “Supremo” e ai suoi soci, tanto che l’impianto confinante con il tmb Ama di Rocca Cencia aveva fino a quel momento ospitato i rifiuti di altri 96 comuni della provincia di Roma. Su disposizione regionale, invece, Roma ha prima iniziato a conferire 100 tonnellate al giorno fino ad arrivare alle 300 tonnellate attuali.
Come Cerroni vuole “salvare” Roma – Nelle numerose lettere che invia periodicamente al sindaco di turno e ai giornali locali, Cerroni rivendica costantemente il suo ruolo di “salvatore” della città, tesi ribadita – in lacrime – anche dopo aver appreso della sua assoluzione nel processo che lo vedeva imputato per associazione a delinquere. Ma quali potrebbero essere le “soluzioni” prospettate? Intanto, il Supremo non perde occasione per ribadire che nella discarica di Malagrotta, chiusa nel 2013 da Ignazio Marino, ci sono ancora 250mila metri cubi di spazio non utilizzato. Le sue mire sono soprattutto sugli impianti. Il vetusto gassificatore di sua proprietà, sempre a Malagrotta, vorrebbe trasformarlo in un “moderno impianto di produzione di biometano”, mentre da mesi chiede di poter riattivare il tmb di Guidonia, a oggi ancora sotto sequestro della magistratura per la violazione di alcuni vincoli archeologici: proprio il sito tiburtino sarebbe il naturale sfogo del tritovagliatore di Rocca Cencia, nonché un possibile sostituto del tmb di Salario. Infine la nuova discarica o meglio un “deposito di rifiuti innocui” che il Supremo azzarda si possa realizzare “anche a Villa Borghese”. In fondo, in un’intervista recente al Corriere della Sera diceva che “io nel 1995 ho salvato Milano e guardate com’è adesso”.