Mondo

Usa, primarie Democratici: Sanders e Warren vanno all’attacco di Biden su sanità e guerra in Iraq. Lui si lega al passato obamiano

Nel dibattito tra i candidati Dem, è stato soprattutto il 78enne di Brooklyn a voler sottolineare la distanza tra una sinistra progressista, come la sua, e una più centrista e moderata come quella dell'ex vicepresidente. Ma gli attacchi più pesanti sono stati rivolti al presidente Trump

Tornare agli anni di Barack Obama o andare avanti? È questa la domanda emersa con chiarezza nel terzo dibattito tra i dieci candidati democratici alla presidenza degli Stati Uniti, organizzato da Abc a Houston, una delle città che con la sua composizione fortemente multietnica riflette la diversità del campo degli sfidanti democratici. La domanda sugli anni di Obama svela il nodo che i democratici sono chiamati a sciogliere. Appellarsi a quell’eredità è infatti tranquillizzante, ma può suggerire l’immagine di un partito vecchio e privo di ambizione. Il superamento degli anni di Obama – promesso da Bernie Sanders ed Elizabeth Warren – presenta ugualmente luci e ombre. Mostra un partito proiettato nel futuro, ma rischia di alienare il voto più centrista.

“Sono stato con Barack per otto anni, nel buono, nel cattivo, nell’indifferente”, ha spiegato Joe Biden, l’ex vicepresidente in vantaggio nei sondaggi, il candidato per il quale l’appello a Obama è anche un modo per silenziare la spaccatura ideologica e generazionale che divide il campo democratico. Biden sa che più volte, nei mesi scorsi, i suoi rivali hanno bollato il richiamo continuo agli anni di Obama come la prova di una mancanza di ambizione, di un senso di nostalgia che danneggerebbe il partito al momento del voto, in particolare presso certi gruppi di elettorato come i giovani e le minoranze etniche. Nonostante questo, Biden è stato inequivocabile e fermo nell’ancoraggio agli otto anni del presidente afro-americano. “Io sto con Obama”, ha ripetuto più volte.

La spaccatura è stata evidente soprattutto sul tema della sanità, con Sanders e Warren schierati per il Medicare for All, sull’esempio canadese ed europeo, e Biden impegnato a difendere l’Obamacare. “Gli americani non vogliono pagare per la sanità il doppio degli altri Paesi”, ha fatto notare Sanders, secondo cui un piano sanitario pubblico e universale risparmierebbe denaro e taglierebbe i profitti eccessivi delle società di assicurazione. Per Biden invece il Medicare for All è irrealizzabile, troppo costoso. Riferendosi ai calcoli di Elizabeth Warren, Biden ha spiegato che non basterà alzare del 2 per cento le tasse degli americani più ricchi, per finanziare i 30 trilioni di aumento della spesa sanitaria. “Alla fine, si dovrà aumentare le tasse della classe media”, ha detto provocando la reazione polemica di Warren: “Non ho mai conosciuto nessuno che ami la sua compagnia di assicurazioni”.

Il dibattito tra i dieci candidati è proseguito toccando temi diversi: armi, immigrazione, commercio, Iraq. Lo scontro si è mantenuto su un tono civile, senza mai degenerare in guerra aperta. Sanders è riuscito a realizzare un buon punto quando ha attaccato Biden sul voto a favore della guerra in Iraq. “Il tuo grande errore, l’enorme errore, e la vera differenza tra te e me, è che io non ho mai creduto a Bush e Cheney” ha detto. Il più polemico nei confronti di Biden è stato Julián Castro che ha attaccato l’ex vicepresidente in almeno due occasioni. La prima, quando ha fatto notare che Biden aveva dimenticato un pezzo del suo programma sanitario. “Ti sei scordato quello che hai detto due minuti fa?”, ha chiesto Castro in un’implicita allusione all’età di Biden che al momento delle elezioni avrà quasi 78 anni. In un altro momento piuttosto vivace, in tema di immigrazione, Castro ha fatto notare che “ogni volta che viene fuori qualcosa di buono sull’amministrazione Obama, Biden dice, ‘Oh, io c’ero, sì, io c’ero, sono stato io’. Quando invece qualcuno mette in discussione quell’eredità, la colpa è del presidente”.

Il vero obiettivo polemico della serata è stato comunque esterno al campo democratico. È stato Donald Trump, che Cory Booker ha accusato di essere “razzista” e che secondo Kamala Harris usa “l’odio, l’intimidazione, la paura” per dividere l’America. I momenti più emotivi del dibattito hanno riguardato aspetti personali, privati, dei candidati. Per esempio quando Beto O’Rourke ha affrontato senza ambiguità il tema delle armi. Politico di El Paso, Texas, la città dove 22 persone sono state uccise in un Walmart da un fanatico che ha invocato Trump, O’Rourke ha promesso misure draconiane per il controllo delle armi. “Al diavolo, sì, vi toglieremo i vostri AK-47”, in riferimento alle armi militari in vendita nei negozi d’America. Altro momento “caldo” della serata è stato quando Pete Buttigieg ha ricordato il suo comig out: “Tornai dal periodo nell’esercito e capii che bisogna vivere la propria vita e che non ero più interessato a non sapere che cosa significa innamorarsi. Così, semplicemente, mi dichiarai gay”.

Anche Elizabeth Warren, una candidata che sinora ha puntato soprattutto alla qualità della proposta politica, ha cercato di dare un tono più intimo e personale al suo messaggio. Ha parlato della giovinezza in Oklahoma, degli anni come insegnante in una scuola pubblica, del servizio militare del fratello. Warren appare, al momento, come la candidata più capace di guidare l’attacco a Biden da sinistra. Anche se ieri, a Houston, è stato Sanders il più abile nel disegnare una linea di demarcazione chiara tra una politica progressista e il centrismo di Biden, soprattutto su questioni come l’Iraq, l’Accordo Nordamericano per il Libero Scambio (Nafta) e appunto la sanità. Il dibattito di Houston non sembra comunque aver davvero alterato la dinamica politica di queste primarie democratiche. Biden resta il candidato da battere, ma resta un candidato troppo legato al passato e probabilmente non in grado di allargare la sua presa oltre i gruppi che già lo appoggiano: moderati, afro-americani, elettorato più anziano.