In nome del decoro, della sicurezza e della convivenza civile e sociale, molti sindaci ormai (grazie alla Legge 125/2008) adottano provvedimenti che hanno carattere sanzionatorio, che censurano arbitrariamente i comportamenti più disparati e che limitano, in alcuni casi, il diritto dei cittadini di incontrarsi, di sostare e di circolare liberamente nelle città. È questo anche il caso di Roma: nel giugno scorso, l’Assemblea capitolina ha deliberato l’approvazione del nuovo Regolamento di polizia urbana, la cui applicazione dovrebbe permettere una più efficace “lotta al degrado e tutela della sicurezza urbana”.
Il provvedimento introduce ulteriori divieti e non pochi elementi di comicità involontaria. Tra questi sono degni di nota per motivi diversi: il divieto di esporre o stendere all’aperto biancheria e qualunque altro oggetto visibile dalle vie e piazze pubbliche; quello, insensato e clamoroso, che vieta persino di sedersi sui beni del patrimonio storico e monumentale, come nel caso della settecentesca scalinata di Trinità dei Monti, realizzata su progetto dell’architetto Francesco De Sanctis.
Pensare che a Roma – incoronata capitale più sporca d’Europa e ostaggio del perenne stato di emergenza rifiuti, con i parchi e i giardini lasciati in abbandono alle sterpaglie – i divieti di stendere il bucato e di sedersi sulla scalinata di Trinità dei Monti possano significare una priorità nella lotta al degrado fa sorridere.
Il divieto di esporre biancheria, infatti, colpisce – senza offrire alternative – quei cittadini che, non avendo la disponibilità di un balcone, di una terrazza condominiale o di un cortile interno, saranno impediti – pena una multa – dall’adempiere una pratica innocua e necessaria come quella di far asciugare il bucato. Mentre sono ammesse, e quindi compatibili con il “decoro”, le tettorie e le verande abusive sui balconi; le macchine dei condizionatori installati arbitrariamente in facciata; l’infiorescenza, non regolata, delle parabole satellitari; la selva caotica delle antenne sui terrazzi condominiali con i relativi cavi che penzolano lungo i prospetti dell’intero condominio.
Il divieto di sedersi sui gradini della scalinata di Trinità dei Monti, invece, ha dei risvolti grotteschi. Vedere lo spiegamento di ben otto agenti della polizia municipale impegnati a percorrere la magnifica scalinata a due rampe convergenti, che tentano – con l’ausilio dei fischietti – di scoraggiare il pericoloso proposito sovversivo dei turisti di sedersi sui gradini per un breve scatto fotografico (magari rievocando l’immagine dell’incontro tra Gregory Peck e Audrey Hepburn in Vacanze romane) disvela, in una sintesi fulminante, tutta la sproporzione e l’inutilità del provvedimento, oltre che lo svilimento dell’identità della città.
Sono invece autorizzati, e quindi compatibili con il “decoro e la sicurezza delle aree e dei beni storici, artistici, monumentali”: le bancarelle di souvenir che stazionano a ridosso delle colonne del Pantheon e della settecentesca Fontana di Trevi di Nicola Salvi e Giuseppe Pannini; i camioncini di bibite e panini in sosta permanente davanti al Colosseo e al Circo Massimo; la mortificante doppia barriera – formata dalle fioriere in plastica e dalle transenne – che impedisce l’accesso (e la visione) della monumentale scalinata a doppia rampa progettata da Michelangelo per il Palazzo senatorio in piazza del Campidoglio; gli sgraziati sbarramenti predisposti davanti al secentesco Palazzo Montecitorio di Gian Lorenzo Bernini (prima) e Carlo Fontana (dopo); gli sgangherati cartelloni pubblicitari disseminati sul Lungotevere; l’invasiva segnaletica stradale decontestualizzata dai siti monumentali; eccetera.
Ricordando che, come scrive Rebecca Solnit, democrazia è la possibilità di circolare fisicamente in una città tra altri individui sconosciuti. La città è il luogo dove incontrarsi, è un evento sempre possibile e non soggetto a rischi e dove abitanti e stranieri di passaggio, stanziali e visitatori, gente varia e gente familiare, si incontrano senza paura, ma anche senza scopo apparente.