Teso, ritmato, ancorato al reale e al contempo proiettato verso distopiche visioni di un immediato futuro in cui l’umanità diverrà sempre più schiava di tecnologie artefatte adatte a soddisfare ogni bisogno della classe dominante. Si presenta così Gleba (Pendragon), il nuovo romanzo del collettivo di scrittura Tersite Rossi.
Un ragazzo impacciato che frequenta una scuola d’élite dove vige la regola, ferrea, dello sbranarsi l’un l’altro per soddisfare la competizione glaciale e cinica che il mondo del lavoro richiede; una giovane maghrebina di ultima generazione che cerca di compensare il proprio smarrimento aderendo al jihad; una coppia di precari professionali e affettivi; un’impiegata modello che nel tempo libero studia per diventare brigatista e vendicarsi del padronato colpevole dei suoi lutti.
Personaggi che si muovono slegati, un po’ come ne L’armata dei sonnambuli di Wu Ming, Purity di Jonathan Frazen, Mao II di Don DeLillo e che nel corso della narrazione convergono, si sfiorano, si toccano, si assemblano in una vicenda tragica e disperata fatta di terrorismo cieco, inaridimento affettivo del capitale, sopravvivenza al cinismo globalizzato. Grazie a una documentazione capillare su fatti di cronaca, storia e sociologia (lo sfruttamento del mondo del lavoro, le Brigate rosse, il terrorismo islamico, la schizofrenia wahabita, i servizi segreti), Tersite Rossi traccia un quadro devastante grazie a una scrittura che tiene il lettore incollato alle pagine.
Nel paese della Maremma toscana, “troppo famoso per essere citato”, tra gli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta ho passato lunghi periodi con la mia famiglia, ed è stato un vero e proprio tuffo nel passato la lettura de Il giardino dei mostri, di Lorenza Pieri (Edizioni E/O).
Una famiglia di allevatori di cavalli e una famiglia romana (oggi verrebbe definita probabilmente radical chic) si incrociano in Maremma, in un luogo perfetto, tra collina e mare, per rappresentare i cambiamenti dell’Italia. Crollava il Partito comunista, arrivava Tangentopoli, politici edonisti, arricchimento dionisiaco di denaro, personaggi tutti d’un pezzo trasfigurati in ambigue e poco stimolanti icone sessuali, stratagemmi per cancellare la memoria.
L’autrice traccia uno spaccato reale, muove personaggi dalla psicologia debole in un paesaggio brullo e bellissimo, ricostruisce il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, con le sue magie e i ricordi dell’artista franco-americana. Un’opera che si ispira al Parc Güell fatta di 22 sculture monumentali – alcune delle quali abitabili – influenzate dagli arcani maggiori dei Tarocchi, costruite in cemento armato e ricoperte da un mosaico di specchi, vetri e ceramiche colorate e che nel romanzo diventano metafora degli stati d’animo della fragile 15enne Annamaria e della sua percezione del mondo che la circonda, con i suoi conflitti, l’amore, i rancori e la dolorosa, ma necessaria, maratona per diventare adulta.
Il poeta persuasore (Edizioni Il Galeone) è un irriverente, fittizio ma reale, e dissacrante romanzo di Sergio Maglietta, il fondatore nel 1980 del gruppo rock alternativo Bisca. L’industria farmaceutica ha messo sul mercato una nuova generazione di potentissimi ansiolitici grazie ai quali i trapassati a miglior vita, soprattutto quelli di classe agiata, vivono uno stato psicoemotivo che li porta a rifiutare l’idea di essere morti e che li induce a continuare a lavorare. Se all’inizio si ricorre alle maniere forti delle forze dell’ordine per dare una strigliata ai pazienti, si decide poi di passare la palla ad assistenti sociali e psicologi, infine con i poeti persuasori. Il loro lavoro consiste nell’indurre i defunti ad accettare la realtà della loro condizione.
Il protagonista del libro, Eota, impiegato alla Asl di Napoli, ha la mansione appunto di poeta persuasore. Muovendosi in una corte dei miracoli fatta di personaggi divertenti e umani, Eota svirgola, a tratti in modo goffo e tenero, tra il di qua e il di là, dando uno spaccato colorito e vivido di un mondo stonato. Un romanzo che fa riflettere.