La resa dei conti in arrivo. Un’inchiesta interna da aprire al più presto. I top manager in bilico. E, sul tavolo del cda di Edizione che si riunisce domani, addirittura l’ipotesi di vendere Autostrade. Sono le indiscrezioni – smentite solo per la parte relativa a una possibile cessione – che circolano tra Treviso, Roma e Milano due giorni dopo la notizia dell’inchiesta che vede tra gli indagati il numero uno della società di progettazione Spea e ha portato all’arresto di tre tecnici della concessionaria autostradale e a sei tra sospensioni dai pubblici servizi e interdizioni. Il segnale della svolta è arrivato sabato: la holding della famiglia Benetton, alla cui guida è stato richiamato a giugno il fidato Gianni Mion, ha diffuso una nota che sembra ribaltare le difese d’ufficio arrivate a partire dal 14 agosto 2018, il giorno del crollo del Ponte Morandi.

Il comunicato parla di “43 morti (quelli del Morandi, ndr) che pesano sulle coscienze“, esprime “sgomento e turbamento per quanto emerso nelle ultime ore” e preannuncia “tutte le iniziative doverose e necessarie, anche a salvaguardia della credibilità, reputazione e buon nome dei suoi azionisti e delle aziende controllate e partecipate”. Il messaggio dei Benetton, che attraverso Edizione controllano il 30,25% di Atlantia a cui fanno capo Autostrade per l’Italia (Aspi) e Spea, è abbastanza chiaro. Davanti alle pesanti intercettazioni contenute nell’ordinanza – con gli indagati che parlano di “margini di sicurezza rosicchiati” e di “superficialità spinta” – continuare a tenere una linea garantista nei confronti dei manager diventa impossibile.

Questioni di immagine e rischi di ripercussioni sulle altre attività di famiglia rendono necessario innanzitutto, spiega La Stampa, avviare un internal audit per accertare i livelli di responsabilità. Per capire se i funzionari sotto inchiesta siano stati coperti o addirittura indirizzati da chi stava ai piani alti. Appare sempre più a rischio, in questo quadro, la poltrona dell’amministratore delegato di Atlantia Giovanni Castellucci, che in quanto ex numero uno di Autostrade è tra gli indagati per omicidio colposo per i 43 morti del Morandi. Dal canto loro Atlantia e Aspi, scrive il quotidiano torinese, puntano a far passare il messaggio che i funzionari coinvolti hanno “elevata anzianità aziendale” e arrivano dal mondo pubblico, cosa che dovrebbe in qualche modo “spiegare” perché abbiano agito con modalità superate. E cercheranno di evitare il coinvolgimento dei “piani alti” sottolineando che ogni tronco ha capacità di spesa autonoma sugli interventi per la sicurezza. Oggi intanto è arrivato – fuori tempo massimo – l’annuncio che Autostrade in nome della “trasparenza totale” attiverà due sportelli, uno digitale e uno fisico, attraverso i quali si potrà fare richiesta di accesso agli atti per consultare i documenti sulla gestione della rete dalla progettazione alla manutenzione passando per il monitoraggio.

Stando alle indiscrezioni di stampa, comunque, il ricambio ai vertici non è l’unica strada su cui si ragiona a Treviso. Le banche d’affari, ricorda Il Corriere della Sera, da tempo stanno valutando la vendita di Aspi e di Spea. E secondo il quotidiano di via Solferino una mossa del genere è tra le opzioni di Edizione, che potrebbe valutarla dopo l’audit. Un portavoce della holding dei Benetton domenica ha smentito, precisando che non c’è “alcuna intenzione di procedere con uno spin off o la vendita di quote parziali o totali di Autostrade”. Di sicuro c’è il fatto che Autostrade grazie ai regolari rincari delle tariffe garantisce ricchissimi dividendi. Ma è anche vero che gli sviluppi dell’inchiesta sul Morandi e delle altre tranche rischiano di riservare brutte sorprese alla holding trevigiana e agli investitori stranieri nel cda di Atlantia, tra cui il fondo sovrano di Singapore, la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e Lazard. E la società è nel mirino del governo, che ha annunciato una revisione complessiva delle concessioni. La partita si intreccia come è noto con l’annunciato ingresso di Alitalia, slittato però per l’ennesima volta con la richiesta di rinvio a fine ottobre per la presentazione dell’offerta definitiva.

Edizione, per ora, nega di voler vendere. Ma chi sarebbero nel caso i possibili acquirenti? Ci sono Anas e Cassa depositi e prestiti, ipotizza il Corriere. Una soluzione del genere, che riporta la gestione nell’orbita pubblica come ipotizzato subito dopo il crollo del Morandi, sarebbe indubbiamente gradita alla componente pentastellata del governo giallorosso, con Luigi Di Maio in prima linea. Il Pd su questo fronte è molto più cauto. Ma nei giorni scorsi anche Graziano Delrio ha aperto alla possibilità di una revoca tour court delle concessioni se necessario “per tutelare sempre al meglio l’interesse pubblico”.

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