Forse il segretario Pd della Vigilanza Michele Anzaldi, che di televisione se ne intende anche perché di nome fa Michele (ricordate la pubblicità del whisky?), non se n’è accorto ma ci dev’essere in giro un suo replicante che gli gioca ogni tanto brutti scherzi. Uno esattamente come lui, ben incardinato alla Vigilanza da parecchi anni che furtivamente gli sottrae l’identità e lo sostituisce senza che nessuno se ne accorga. Nemmeno l’interessato. Non sappiamo ad esempio chi sia, se il replicante astuto o il vero Anzaldi, il politico che ha rilasciato qualche giorno fa un’intervista all’Avvenire sullo stato di salute della Rai. Intervista nella quale si parla di un’emergenza sul piano della corretta informazione, di una totale mancanza di equilibrio in alcune testate dell’azienda, del fatto che Salvini e Di Maio hanno occupato ogni spazio in una “fame di spartizione che fa paura”, di un “virus” che ha infettato la Rai e le provoca un “male profondo”.

Poi annuncia di avere pronto un “dossier da brividi” da presentare al premier Conte. Tutto, a parte qualche colorita esagerazione, sostanzialmente vero. E allora? direte voi. Allora sono proprio queste dichiarazioni, che del resto seguono da mesi ad altre dello stesso tenore, che ci hanno fatto venire il dubbio che dietro questo nome si celi il mistero di una doppia identità, una specie di dr. Jekyll e mr. Hyde della commissione Vigilanza. Perché noi ricordiamo bene un Michele Anzaldi che membro della stessa commissione nella scorsa legislatura si fece notare ripetutamente per episodi del tipo: chiedere la censura di un simpatico sketch di Virginia Raffaele che faceva l’imitazione di Maria Elena Boschi; invitare i giornalisti dei talk della terza rete di allinearsi senza troppi distinguo alla leadership del Pd e del governo di allora; riuscire a non dire una parola sull’occupazione ricorrente della tv pubblica del premier dell’epoca, anche quando totalizzava ore su ore di parlato fuori da ogni controllo, tra tg e talkshow, e si presentava nelle case degli italiani una domenica sì e una no.

Noi temiamo fortemente che questo suo replicante faccia davvero un cattivo servizio ad Anzaldi, minando alla radice le generose intemerate a favore del rispetto del pluralismo e della corretta informazione, visto che queste sue battaglie contraddicono quelle di ieri, o se vogliamo che le sue denunce di ieri sono in contrasto con quelle di oggi. Comunque sia, e qualunque sia il vero Anzaldi, l’ex assistente di Rutelli farebbe bene a darsi immediatamente da fare per identificare al più presto, e rendere inoffensivo, questo dispettoso replicante. Sarà una impresa difficile, di quelle degne del miglior Maigret, ma solo allora, una volta smascheratolo, Michele Anzaldi potrà vigilare su viale Mazzini senza rischiare di essere smentito dal suo doppio.

PS: per “ripristinare la legalità” in Rai, come Anzaldi afferma sempre nell’intervista citata, e per farne un’azienda autonoma dalle pressioni politiche occorrerebbe, è la cosa principale da fare, mettere mano ad una riforma del sistema televisivo tutto, un’esigenza alla quale purtroppo mai la sinistra al governo ha voluto rispondere: si metta la Rai nelle mani di una fondazione (ci sono le proposte) e si superi il quasi duopolio televisivo aprendo il mercato. Ma questo né Anzaldi, né il suo replicante lo dicono.

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