La Regione siciliana a corto di quattrini è riuscita a racimolare 14 milioni di euro per fare “rivivere” i Borghi rurali degli anni Quaranta. Gli agglomerati, cioè, voluti da Benito Mussolini tra il 1939 e il 1943, ormai quasi o del tutto disabitati. È stato lo stesso governo di Nello Musumeci a darne notizia, con toni entusiastici. I soldi serviranno per riqualificare e valorizzare in particolare il Borgo Lupo, in provincia di Catania, il Borgo Bonsignore, nell’Agrigentino ed il Borgo Borzellino, in provincia di Palermo. Sono, questi, tre degli otto borghi costruiti, su decisione del governo fascista, dall’Ente per la colonizzazione del latifondo siciliano tra il 1939 ed il 1943, un ente nato proprio nel ‘39 per volere del Duce. Negli anni, poi, questi piccolissimi centri sono passati all’Eras (l’Ente per la riforma agraria in Sicilia) e quindi all’Esa, un carrozzone storico della Regione che lo stesso governatore Musumeci, all’inizio della legislatura, aveva promesso di liquidare. E invece, è sempre lì. A gestire, tra gli altri, anche i vecchi borghi.
Da Sciascia a Gadda – E dei piccoli agglomerati voluti dal fascismo in Sicilia c’è anche traccia nella letteratura, oltre che nella storia. È il caso della storia di Mussolinia, la città giardino che doveva sorgere nel territorio di Caltagirone, di cui scrisse Leonardo Sciascia e anche Andrea Camilleri. Ma non solo autori siciliani si occuparono di queste vicende. Carlo Emilio Gadda, ad esempio, scrisse un saggio dal titolo “I nuovi borghi della Sicilia rurale”, in cui diede una descrizione sintetica dei luoghi: “Il borgo della colonizzazione non ospiterà contadini: ma soltanto gli artigiani indispensabili (meccanici, sarti, stipettai, muratori, calzolai) e le botteghe delle derrate d’alimento o di vario commercio, e gli uffici, i posti sanitarî, le scuole. Il borgo deve esser visto come una cittadina sfollata: piccola capitale funzionalistica senza stento e senza gravezza di plebe”. Insomma, una piccola cittadella senza folla. E in effetti, da questo punto di vista non è cambiato granché.
Investimento da 200 mila euro pro capite – Per il recupero di Borgo Lupo vengono destinati cinque milioni e 775mila euro; ai lavori di riqualificazione di Borgo Bonsignore è destinata la somma di due milioni e cinquecentomila euro; per il Borgo Borzellino, infine, sono stati stanziati cinque milioni e cinquecentomila euro. Ma quante persone vivono in questi centri? Gli ultimi dati parlavano, complessivamente, di una settantina (Borgo Borzellino, ad esempio, non è mai stato abitato). Insomma, un investimento di circa 200mila euro per cittadino. Per fornire una unità di misura di questa spesa, basta confrontarla con alcuni interventi previsti in una legge attualmente in discussione all’Assemblea regionale siciliana. Ad esempio alle associazioni antimafia e antiracket andranno meno di 600mila euro, mentre per mitigare i costi dei biglietti aerei dei siciliani costretti a lavorare o a curarsi fuori dall’Isola è stato stanziato solo un milione. Persino il taglio dei vitalizi, chiesto a gran voce dal Movimento 5 stelle, porterebbe a un risparmio assai più ridotto della spesa per i borghi: otto milioni l’anno, contro i 14 investiti per la “rinascita” dei centri voluti da Mussolini.
Musumeci: “Uno straordinario patrimonio”- Ma il governatore siciliano esulta: “Con questa iniziativa – ha detto Musumeci – raggiungiamo due obiettivi: anzitutto, il recupero di uno straordinario patrimonio di architettura rurale appartenente alla storia contadina della nostra Isola e che rischia di scomparire del tutto; e la restituzione a territori poveri dell’entroterra di tre strutture da destinare ad attività compatibili col contesto, a cominciare dall’agriturismo o dal turismo rurale. I Borghi – ha aggiunto – furono elementi centrali di un processo di trasformazione del mondo agricolo e oggi, per la loro ubicazione, per la loro concezione urbanistica e per le loro architetture, rappresentano una testimonianza storica e culturale unica”. Tale da giustificare una spesa da 14 milioni di euro, nella Sicilia che boccheggia.