Mettere ordine alle emergenze e dare un riconoscimento agli insegnanti. In busta paga, ma non solo. E i presidi non dovranno timbrare il cartellino, come nei progetti del governo precedente. Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti racconta la scuola che ha in mente, soldi in legge di Bilancio permettendo. Per l’idea principale, per dire, sono necessari quasi 2 miliardi: “Penso ad un aumento mensile a tre cifre, cento euro – racconta in un’intervista al Corriere della Sera – Con questo investiremmo più della metà dei due miliardi. Il resto sarà per investimenti”. In primis, la ristrutturazione degli edifici scolastici: un progetto per il quale, dice il ministro, verrà istituito un apposito ufficio al Miur per coordinare l’operazione.
Ma gli incentivi per i docenti non si esauriscono con l’aumento degli stipendi. “La dedizione di un insegnante non si misura con le ore di lavoro – aggiunge – La scuola non è un ufficio postale e funziona grazie al lavoro anche volontario che fanno molti insegnanti per passione e perché sanno che la loro è una missione sociale. Non credo che un aumento di stipendio come premio funzioni”. Lo dimostrano, spiega il ministro, “studi economici”: “Per esempio per i donatori di sangue: molti lo fanno perché ritengono che sia una funzione sociale. Quando si paga chi dona il sangue, diminuisce il numero dei donatori. Per questo penso a riconoscimenti, premi, apprezzamenti da parte dei genitori, della comunità che riconosca il loro fondamentale ruolo”.
Un discorso che è valido anche i per i dirigenti scolastici: “No ad atteggiamenti punitivi. Il governo precedente voleva che i presidi timbrassero il cartellino, noi aboliremo questa norma”. È così che Fioramonti sogna un Paese “in cui si ambisca a fare l’ insegnante perché la società ne riconosce l’ importanza e la centralità”. E quindi, ad esempio, “vorrei cambiare i meccanismi dei concorsi che sono troppo farraginosi e complessi”, oltre alla necessità di un “sistema di formazione continua” che aiuti gli insegnanti “a stare al passo con l’ evoluzione della società e della didattica”.
La scuola, spiega, “deve recuperare le esperienze internazionali migliori a partire da quella finlandese, poi il modello Montessori, don Milani, l’ esperienza di Reggio children: una scuola in cui i ragazzi vadano volentieri perché imparano divertendosi. Questo è importante per le materie Stem”, ovvero Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica. Riguardo a quest’ultimo insegnamento, sottolinea il ministro, c’è la “necessità di modernizzare e rendere attrattiva la matematica con lavoro di squadra, i laboratori”. Anche contro la dispersione, “credo che avere professori in grado di usare didattiche innovative aiuterebbe. Voglio incoraggiare gli insegnanti che vogliono a fare di più”.
Annuncia, poi, i bandi dei concorsi promessi dal suo predecessore al Miur “entro fine 2019”, nuovi professori “prima del settembre 2021”. E sul test Ilvalsi: “È utile ma non deve essere requisito di ammissione alla maturità. L’anno scorso non era obbligatorio e l’hanno fatto praticamente tutti, credo che se fosse obbligatorio avremmo l’effetto di spaventare insegnanti e studenti”. Per quanto riguarda l’università, infine, un appunto sulla facoltà di Medicina: “Si può andare verso un’abolizione graduale” dei test. “C’è una legge in Parlamento – ricorda – Ma prima servono fondi per le università”.