Il debito è stato contratto nei confronti di diverse banche: Intesa San Paolo, Unicredit, Bnl e Banco Bpm. A prendere la decisione, il 10 settembre scorso, il giudice del foro romano Alfredo Maria Sacco. La prima opposizione della Presidenza del Consiglio dei Ministri risale al governo Renzi, nel 2014
Un debito da 81,6 milioni di euro pesa sulle spalle dello Stato e quindi dei contribuenti. Si tratta di quello contratto, ormai 31 anni fa, dall’Unità, giornale dell’ex Partito comunista italiano fondato da Antonio Gramsci, nei confronti di diverse banche: Intesa San Paolo, Unicredit, Bnl e Banco Bpm. Il tribunale di Roma, infatti, ha respinto tre ricorsi-fotocopia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, presentati dall’Avvocatura di Stato per opporsi ai decreti ingiuntivi degli stessi istituti relativi al rimborso dei crediti utilizzando la garanzia dello Stato, come riporta il Messaggero.
A prendere la decisione, il 10 settembre scorso, il giudice del foro romano Alfredo Maria Sacco, che ha autorizzato l’azione contro i debitori non per insolvenza ma per inadempimento. Nel provvedimento il giudice scrive di “riconoscere alla Presidenza del Consiglio il diritto di rilievo e/o regresso” condannando però il legale pro tempore dell’Associazione Democratici di Sinistra chiamata in causa con contumace a rimborsare Palazzo Chigi “da ogni effetto patrimonialmente pregiudizievole conseguente alla presente decisione”. Vale a dire che la Presidenza del Consiglio di Ministri è tenuta a rimborsare le banche, ma può rivalersi su Democratici di Sinistra cioè l’associazione, fondatrice poi nel 2007 insieme alla Margherita del Partito democratico, che dal 1988 si è accollata l’esposizione contratta dal quotidiano.
Nel dettaglio Intesa deve rientrare di 35 milioni, Unicredit di 22, Bpm di 14,7 milioni di euro e Bnl di 14. Nelle carte, come scrive sempre il quotidiano romano, si legge che “le banche hanno chiesto più volte il pagamento del proprio credito, procedendo anche all’esecuzione coattiva”. Il motivo per cui i contribuenti devono ripianare il buco del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, va ritrovato in una legge varata nel 1998 dal governo Prodi che ha introdotto la garanzia statale sui debiti dei giornali di partito.
La prima opposizione di Palazzo Chigi risale al governo Renzi, nel 2014. La presidenza del Consiglio aveva contestato “la sussistenza dei presupposti per l’escussione della garanzia stessa chiedendo e ottenendo di chiamare in manleva l’Associazione Democratici di Sinistra, già Partito democratico della Sinistra”. Il decreto ingiuntivo di pagamento, però, era stato dichiarato immediatamente e provvisoriamente esecutivo ad aprile del 2015. Un giudizio che si era incentrato sulla diversa interpretazione, tra Palazzo Chigi e banche, delle garanzie concesse. Tre i finanziamenti in contenzioso. Il primo di luglio 2009, quando l’allora Efibanca, oggi Banco Pbm, concesse all’Unità 12,4 milioni di vecchie lire. Il secondo di luglio 1988 quando Intesa San Paolo, insieme a Unicredit e Carisbo, erogò 43,9 milioni; e il terzo risalente al 1993: Bnl, Efibanca, Unicredit e Carisbo fecero due diversi finanziamenti uno da quasi 80 milioni di vecchie lire e uno da 24,2.