Economia & Lobby

Evasione fiscale, tassare i prelievi non serve a nulla. Per contrastarla si può fare di meglio

Puntuale come la morte e le tasse, quando la coperta delle coperture di bilancio si conferma endemicamente troppo corta, arriva la lotta all’evasione fiscale, una leggendaria fonte di risorse per il bilancio pubblico che ricorda l’araba fenice: che ci sia ognun lo dice, cosa sia nessun lo sa. Quando all’orgia statalista si vuol aggiungere un pizzico di schadenfreude a beneficio di dipendenti e pensionati, è sufficiente riesumare la “tassa sui contanti”.

L’ultima versione, in salsa fintech, è stata proposta da Confindustria come commissione del 2% sui prelievi di contante eccedenti i 1500 euro mensili a fronte di credito d’imposta sempre del 2% per utilizzo di moneta elettronica.

Premesso che non amo particolarmente il contante (per motivi di comodità e sicurezza), credo che sia opportuno evidenziare la fallacia logica alla base dell’idea di contrastare l’evasione fiscale attraverso la penalizzazione delle transazioni in contanti:

1. L’evasione opera su un circuito parallelo a quello della legalità, mentre tutte le imposte o leggi hanno efficacia e vigore solo sulle operazioni legali;

2. Non è possibile, a meno di non infrangere trattati internazionali che regolano la materia, vietare o limitare drasticamente le transazioni in contanti, anello di congiunzione tra il circuito illegale e quello legale;

3. A meno di non istituire uno stato di polizia, non è possibile materialmente interferire con le transazioni tra i privati.

Dunque per quanti paletti legali si possano immaginare all’indirizzo di chi utilizza i contanti, l’effetto ottenibile sull’evasione fiscale sarà sempre nullo o trascurabile.

Il professore che dà ripetizioni private, la baby sitter o l’artigiano/professionista che incassa in nero, avrà sempre il diritto di pagare in contanti, nell’area euro, per transazioni di importo modesto (per le grandi transazioni e i beni iscritti in pubblici registri esiste un’apposita normativa antiriciclaggio). Se anche diventasse possibile vietare le transazioni legali in contanti, e detta normativa si estendesse a tutta l’area euro, come impediamo alle persone di perfezionare piccole transazioni?

L’unica via pensabile per limitare la circolazione di contanti al punto da incidere sull’evasione fiscale presuppone una significativa riduzione della libertà individuale.

Per il resto, l’aumento dell’utilizzo di mezzi di pagamento diversi dal contante può sicuramente essere un obiettivo meritevole di considerazione, ma andrebbe perseguito intervenendo in primis sull’educazione finanziaria, e in secondo luogo promuovendo la concorrenza tra gli intermediari e la corretta informazione dei consumatori, al fine di contenere le commissioni.

Misure efficaci contro l’evasione fiscale dovrebbero colpire al cuore la convenienza di questa pratica illegale: una sensibile semplificazione normativa, con alleggerimento degli oneri fiscali e contributivi (come il meccanismo dei voucher) può ad esempio essere utile contro i lavori occasionali in nero. Per contrastare l’evasione su commercio, artigianato e libere professioni sarebbe auspicabile una crescita dimensionale degli operatori, accompagnata anch’essa da semplificazione e alleggerimento degli oneri.

@massimofamularo