Gli ululati a Lukaku? Giusto un paio di “versi”, non sono discriminatori. Gli insulti a Kessie? E chi li ha sentiti. Per il calcio italiano il razzismo non esiste. O almeno così verrebbe da credere leggendo i referti arbitrali o i comunicati del giudice sportivo. Domenica sera la partita tra Verona e Milan è diventata un caso: i giocatori rossoneri si sono lamentati platealmente per i “buuu” che hanno preso di mira Frank Kessié, centrocampista ivoriano del Milan, uditi abbastanza chiaramente all’interno dell’impianto (anche se mischiati a fischi indirizzati all’arbitro e ad altri avversari). Il giorno dopo il giocatore ha ricevuto la solidarietà del suo club e di tutto il mondo del calcio, con la stampa estera che ha dato ampio spazio all’episodio (che fa il paio con quello del giornalista di Telelombardia allontanato per i commenti razzisti su Lukaku). La società veneta, invece, ha negato tutto: “Forse qualcuno è rimasto frastornato dai decibel del tifo gialloblù. Cosa abbiamo sentito noi? Fischi, inevitabili, per decisioni arbitrali che ancora lasciano perplessi e poi tanti applausi ai nostri gladiatori”, il commento sul social ufficiale dell’Hellas che ha preso le parti della sua tifoseria (nota per le sue intemperanze già in passato).
C’era grande attesa, dunque, per la decisione della Lega calcio: il parere del giudice sportivo doveva serviva un po’ per fare chiarezza sull’accaduto. Nel comunicato l’episodio non è nemmeno menzionato, come del resto nei referti del direttore di gara o degli ispettori della Procura Figc presenti al Bentegodi (su cui si basano le scelte del giudice Mastrandrea). Nessuno ha sentito niente. I tifosi dell’Hellas vengono sì citati, ma solo insieme a quelli di altre squadre, colpevoli di aver introdotto “bengala, petardi e fumogeni” contro le norme (e neppure sanzionati). Di cori razzisti nessuna traccia.
Non è tutto. Nello stesso comunicato si torna anche su un altro episodio, della seconda giornata, i “buuu” a Lukaku durante Cagliari-Inter, per cui pure c’erano state polemiche e su cui la Procura federale aveva disposto un supplemento d’indagine. Il risultato è un’altra assoluzione piena, con motivazioni forse ancora peggiori. Per il giudice sportivo “curi, urla e fischi” contro Lukaku ci sono effettivamente stati. Sono stati uditi anche “alcuni versi”, da parte però solo di “singoli spettatori” (una definizione che è già un ossimoro), e che non sono stati “intesi come discriminatori a causa dei fischi e delle urla sopra menzionati”. Come a dire: se c’è casino il razzismo vale di meno.
Ancora una volta il polverone di polemiche, gli appelli, gli interventi istituzionali si rivelano tutte chiacchiere. Certo, resta l’obiezione di fondo che sanzionare i club, chiudere curve e stadi, non sia il modo giusto per combattere razzisti e violenti: come emerso anche dall’ultima inchiesta sulla curva della Juventus, spesso le società sono “ostaggio” degli ultras; punire i cori proibiti di pochi (ma qual è la differenza fra i “singoli spettatori” citati dal giudice sportivo, al plurale, e un insieme di persone?), penalizzerebbe ingiustamente i tanti bravi tifosi, oltre a dare ulteriore potere ricattatorio alle bande. Magari è proprio questo che condiziona le scelte dei responsabili (altrimenti certi comunicati sono inspiegabili). Un’alternativa ci sarebbe comunque: individuare i colpevoli, con telecamere di sorveglianza e steward, e sbatterli fuori dagli stadi. L’Osservatorio per le manifestazioni sportive del Viminale lo auspica da anni, ma per farlo ci vorrebbe l’impegno economico e la volontà concreta delle società. Ieri, invece, il Verona ha difeso i suoi tifosi, spiegando che nessuno ha sentito nulla, quasi dando del visionario a Kessié e a chi si lamentava del razzismo. Evidentemente avevano ragione loro: adesso lo dicono anche Lega calcio e Figc.