Lo ha aggredito alle spalle ferendolo al collo, vicino alla giugulare, con un tagliacarte e gridando “Allah Akbar”. Mahamad Fathe, 23enne yemenita con un permesso temporaneo di soggiorno scaduto, è stato fermato dopo avere colpito in stazione Centrale a Milano il caporale scelto Matteo Toia, in servizio per l’operazione ‘strade sicure’, mentre stava salendo su una camionetta. L’uomo è stato arrestato su disposizione del pm di turno Luca Gaglio per lesioni e violenza a pubblico ufficiale. Il pool antiterrorismo di Milano, guidato dal pm Alberto Nobili, sta facendo accertamenti. Stando a quanto ricostruito al momento nell’inchiesta condotta dai carabinieri e coordinata dai pm Nobili e Gaglio, non è chiaro perché il 23enne, irregolare che risulta avere domicilio a Ostiglia (Mantova), abbia aggredito il militare.
Il militare è stato portato in codice verde al Fatebenefratelli. Ieri sera, tra l’altro, verso le 23,45, il 23enne era stato già denunciato perché si aggirava con una penna e cercava di colpire alcune persone, sempre vicino alla Centrale. Ora inquirenti e investigatori, con una serie di accertamenti e perquisizioni, dovranno capire se si sia trattato o meno di un gesto con finalità terroristiche, soprattutto in relazione a quel grido lanciato dall’uomo. La Procura chiederà la convalida dell’arresto al gip e la custodia cautelare in carcere per l’aggressore.
Il caso di Hosni – L’episodio richiama alla memoria la vicenda di Ismail Tommaso Hosni, l’italo-tunisino 21enne che aggredì con due coltelli due militari e un agente della Polfer sempre all’interno della stazione milanese, il 18 maggio del 2017. Hosni è stato condannato con rito abbreviato in appello, lo scorso dicembre, a 5 anni e 8 mesi di carcere (il pm chiese 10 anni in primo grado) per tentato omicidio, lesioni e resistenza col vizio parziale di mente, accertato da una perizia. La perizia psichiatrica, disposta in primo grado su richiesta del difensore Giusi Regina, aveva infatti stabilito che la capacità di intendere e di volere del giovane era “grandemente scemata al momento del fatto”. I periti, infatti, avevano segnalato un “ritardo” nello sviluppo mentale di Hosni, un disturbo della personalità, oltre al fatto che nel corso dell’aggressione era sotto l’effetto di cocaina.
La “situazione di emarginazione – aveva scritto il gup nelle motivazioni di primo grado – di frustrazione affettiva e relazionale, di fragilità emotiva accompagnata da una non completa maturazione sotto il profilo intellettivo” hanno influito sulla “condizione psichica” di Hosni. Il giovane, come scrisse il gup, quella sera mise in atto un’azione “spropositata”, un “gesto inconsulto”, quando le forze dell’ordine gli chiesero i documenti per un controllo nel mezzanino della stazione, un’azione non supportata “da un movente rivendicativo o ideologico”. Il ragazzo inizialmente era stato anche indagato per terrorismo internazionale perché sul suo profilo Facebook erano stati trovati video inneggianti all’Isis, ma gli stessi pm hanno poi chiesto l’archiviazione. Sebbene quelle immagini postate dimostravano che Hosni avesse aderito alle idee del cosiddetto Stato islamico, gli investigatori non hanno trovato, poi, suoi contatti con terroristi.