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Renzi a cena con i parlamentari scissionisti: “Non svuoteremo il Pd. Battesimo di Italia Viva? E’ il compleanno della Annibali”

Più che un battesimo, è stata una conta. Della serie “o con me o contro di me”, celebrata nel giorno dello strappo di Matteo Renzi dal Nazareno. Quasi una liberazione. Ore 21, centro di Roma, appartamento privato del deputato Gianfranco Librandi (già Pdl e Civici innovatori, poi Pd). È in questa cornice, in una casa privata della Capitale poco distante dai palazzi romani, che si consuma la vigilia del lancio dei gruppi parlamentari di “Italia Viva“, nome annunciato dall’ex premier per la nuova avventura politica degli scissionisti renziani. Una riunione, iniziata all’ora di cena e durata oltre tre ore, per definire chi seguirà il senatore toscano fuori dal Partito democratico. E chi invece, ex fedelissimi compresi – tra tutti il capogruppo Pd Andrea Marcucci – ne resterà fuori. Almeno per ora.

Lo stesso ex premier che nega però di voler lanciare un’Opa (lenta) sui gruppi Pd: “Non svuoteremo nessuno“, si è difeso al termine della riunione, senza voler aggiungere altro. E i nomi definitivi? “Li scoprirete presto”, ha tagliato corto, seguito da Bellanova (neo capo delegazione renziana nella squadra di governo), infilandosi in macchina. Tanto velocemente che l’automobile è finita per partire dimenticandosi di far salire a bordo Francesco Bonifazi. Costretta poi a fermarsi per aspettarlo. Anche Rosato non si sbottona: “Se rischiamo di fare la fine di Bersani e D’Alema? No, noi non rientreremo nel Pd”, ironizza. E se la ditta stessa nega, lui non ci crede: “Lo vedremo tra sei mesi”.

E Maria Elena Boschi? L’ex ministra e sottosegretaria è tra le ultime a lasciare la casa del ‘conclave’ renziano, insieme a Luigi Marattin, nome in corsa per la direzione del gruppo a Montecitorio di ‘Italia Viva’: “Abbiamo festeggiato il compleanno di Lucia Annibali”, taglia corto Boschi. Un mantra quasi per tutti, per sfuggire alle domande. Non è una bugia, perché il battesimo renziano coincide davvero con la festa della deputata Pd, già sua consigliera. E presente nel drappello dei transfughi alla Camera. Ma è soltanto una casualità. Tanto che Gennaro Migliore, al termine della cena, è più onesto: “Sì, abbiamo celebrato il battesimo di Italia Viva. Un battesimo sobrio. Abbiamo mangiato poco, ci sono stati una ventina di interventi, come nelle vecchie riunioni di partito”. Tutti invece concordano, o quantomeno provano a rassicurare: “Non sarà un’operazione di palazzo”. Né, rivendicano, intendono mettere a rischio il governo Conte 2. Peccato che a Palazzo Chigi la pensino in modo differente, a dir poco perplessi su tempi e modi della scissione. E poco rassicurati dallo ‘stai sereno’ renziano.

“Sono più di 40 i parlamentari che saranno con noi: venticinque alla Camera e quindici al Senato”, aveva rivendicato lo stesso Renzi, ospite da ‘Porta a Porta’. Eppure, i numeri saranno in bilico fino all’ultimo, anche per le pressioni dal Nazareno verso gli indecisi, nella speranza di trattenerli. Così come, dall’altra parte, per la campagna acquisti last minute renziana. “Uno più, uno meno, sono quelli: 15 o 16 a Palazzo Madama, 26 o 27 a Montecitorio”, conferma al termine della cena-riunione Davide Faraone, già da mesi autosospeso in polemica dal gruppo Pd, dopo il commissariamento del partito in Sicilia. Anche l’ex sottosegretario ai tempi dei governi Renzi e Gentiloni è stato impegnato nello scouting. E non è un caso che con lui arrivino alla cena-riunione pure la collega siciliana Valeria Sudano e Leonardo Grimani, tra gli ultimi ‘acquisti’ di ‘Italia Viva’ al Senato, nell’Aula dove gli equilibri sono precari.

Di certo, non saranno i soli ad abbandonare i dem a Palazzo Madama. Perché il pallottoliere, gestito da Ettore Rosato, recita almeno altre adesioni sicure: tra queste la neo ministra all’Agricoltura Teresa Bellanova, l’ex tesoriere Pd e fedelissimo Francesco Bonifazi, Eugenio Comincini, Laura Garavini, Nadia Ginetti. Tutti presenti alla cena.

Ma l’obiettivo è allargare il fronte, inglobando nel nuovo partito anche Giuseppe Cucca, Mauro Marino, Andrea Ferrazzi e Francesco Giacobbe. Non ne farà parte, a meno di ripensamenti dell’ultima ora, Mauro Laus, anche lui renziano, che al Fattoquotidiano.it confida: “Una scelta sofferta, ma resto tra i dem. Devo già spiegare ai miei elettori l’accordo con i 5 Stelle, la scissione la considero sbagliata”. Anche Valeria Fedeli, già ministra dell’Istruzione con Gentiloni, spiega di essere stata contattata, ma di aver declinato l’offerta: “Non c’erano ragioni politiche per la scissione. E credo ci sia un problema di etica, l’ho detto a Renzi. Pensate: entri in delegazione di governo come membro Pd e dopo nemmeno 24 ore cambi…”. Pure l’altro renziano Dario Parrini si tira fuori. Ma a far più rumore è l’assenza del capogruppo Andrea Marcucci, da sempre fedelissimo: “Matteo ha sbagliato, io resto nel partito a prescindere dal mio ruolo”, ha rivendicato ai microfoni de Ilfattoquotidiano.it, alla vigilia di una riunione di quel gruppo dem (mercoledì, alle 12) che ritroverà azzoppato dalla diaspora degli scissionisti. Che sia un addio, o soltanto un arrivederci, con Renzi, non è chiaro. Ma c’è chi nel gruppo spiega che in realtà la scelta non sia strategica: “Non sarà un ‘infiltrato’, si è consumato uno strappo politico con Renzi”, c’è chi confida.

Ma per Renzi e i suoi quello dello strappo dal Pd è un giorno di liberazione, dopo anni di polemiche incrociate e senso di vittimismo: ‘Siamo stati considerati intrusi’. Ora, è tempo di una fase nuova. “Vedrete quanto popolo, altro che Palazzo”, è convinto Luciano Nobili. Poche parole per Roberto Giachetti, che si limita a rivendicare: “Una bella serata”. Di certo, sarà una conta, anche per Montecitorio. Al momento, una ventina sono i nomi certi che abbandoneranno il Pd. Se la sottosegretaria Anna Ascani si è tirata indietro all’ultimo, pur con una scelta sofferta, a passare al nuovo soggetto renziano saranno, oltre ai nomi già citati, pure Michele Anzaldi, Nicola Carè, Matteo Colannino, Mauro Del Barba, i boschiani Marco Di Maio e Mattia Mor, Silvia Fregolent. E ancora Maria Chiara Gadda, Gianfranco Librandi, Raffaella Paita, Vito De Filippo, Massimo Ungaro e il sottosegretario agli Esteri Ivan Scalfarotto, già ideatore dei comitati civici renziani lanciati alla Leopolda di un anno fa.

Poi ci sono alcuni incerti, come Lisa Noja e Camillo D’Alessandro. “Riccardo Magi e Alessandro Fusacchia? Non entreranno, almeno per ora”, c’è chi spiega, dopo le voci di un tentativo di avvicinare la componente di +Europa per allargare il nuovo gruppo alla Camera. Né per ora risultano imminenti entrate dal fronte azzurro. Ovvero, quello di Forza Italia e di Mara Carfagna, la vicepresidente della Camera che nega da sempre qualsiasi ipotesi di abbraccio con Renzi. E che a sua volta ha riunito oltre 50 parlamentari forzisti in un altro ristorante romano, area Parioli. Certo, le sirene renziane scuotono pure il fronte berlusconiano, con senatori come il toscano Massimo Mallegni, amico di Renzi, e Donatella Conzatti tra i nomi evocati. Paolo Romani, invece, che in passato con Renzi parlava di ‘progetti politici nuovi’ dal fronte azzurro, si tiene lontano: “Rimango nel perimetro del centrodestra con Giovanni Toti”. Quel che è certo, però, è che la campagna acquisti renziana non si fermerà. Non solo dentro il Pd.