In questi giorni i giornali napoletani sono pieni della polemica pro e contro la dirigente scolastica dell’Istituto Ilaria Alpi e Carlo Levi di Scampia, Rosalba Rotondo, che ha vietato ad un alunno di entrare a scuola con dei codini di colore blu. I fatti sono noti e non mi dilungo. Molti intellettuali progressisti “napoletani” stanno insorgendo poiché ritengono che le regole non vadano imposte dall’alto e che rischino di creare ulteriore isolamento, ghettizzazione ed esclusione sociale in un ragazzo per un gesto che in fondo è innocuo e riflette la sua creatività di adolescente che sente forte il bisogno di trovare una propria identità anche attraverso il proprio corpo e l’utilizzo di un’acconciatura. Siamo d’accordo su tutto ciò e, sicuramente, anche l’acconciatura più strana ha diritto di esistere finché non crea danno a nessuno.
Tuttavia, non sono così convinto che la dirigente scolastica sia dalla parte del torto. Sul tema è intervenuto anche Umberto De Gregorio, presidente Eav, la holding dei trasporti in Campania, con una lettera aperta al Corriere del Mezzogiorno, riportata integralmente sul suo profilo Facebook. De Gregorio ha sottolineato il coraggio della dirigente scolastica e la sua determinazione a fare rispettare le regole, anche se non piacciono e comportano un piccolo sacrificio. Leggendo il suo articolo credo che abbia ragione lui e vi dico perché.
De Gregorio non è nuovo a questo tipo di interventi: già in un precedente editoriale di questo blog abbiamo segnalato la sua battaglia (giustissima) contro un giovane che si rifiutava di pagare il biglietto dei mezzi pubblici di trasporto, sostenendo che fosse addirittura un suo diritto non pagare. Napoli è la città della fantasia al potere, delle regole fai da te. Ogni testa è un tribunale, si dice a Napoli. E questo la fa diventare una “città senza capo né coda”, come recita il titolo di un bell’editoriale di Matteo Cosenza. Napoli è la città dell’anarchia al potere: ognuno decide per sé. Napoli è una città parolaia, che tende a dire più che a fare, per parafrasare il titolo dell’ultimo libro di De Gregorio. La conseguenza è che c’è tanta fantasia e creatività ma scarso senso pratico, scarsa capacità di organizzazione e rispetto dei tempi.
L’attuale sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, è l’emblema di questa “filosofia napoletana” e perciò alcuni napoletani lo amano. Fortunatamente, sono sempre di meno. Sul suo profilo Facebook si sono fatte (solo a parole però) 20 rivoluzioni: Napoli è la città più efficiente al mondo, i pullman arrivano sempre in orario e mille altre fantastiche fake news dell’ottimismo senza costrutto e soprattutto senza alcuna evidenza che lo caratterizza.
Poi, però, bisogna fare tutto all’ultimo momento: le Universiadi, se non c’era l’arcigno “sceriffo” campano, il presidente Vincenzo De Luca, col cavolo che si facevano; e c’era chi all’inaugurazione ha organizzato i cori contro il governatore. Un altro esempio di questi giorni è quello dello stadio San Paolo. Se non scendeva in campo De Luca in persona, col cavolo che si facevano gli spogliatoi in tempo per l’inizio della Champions.
La sensazione è che ci sia un filo rosso, o se volete una treccina blu, fra l’episodio della scuola di Scampia e questi fatti ora riportati. C’è un filo rosso anche con lo stato di abbandono e di degrado in cui versava la stazione della metropolitana locale, finché De Gregorio, che ha una sintonia d’elezione con il pragmatismo di De Luca, non l’ha rimessa a posto, trasformandola in una delle più belle della città. La domanda che tutti si fanno è quanto durerà.
Mi vengono in mente allora i romanzi di Pier Paolo Pasolini e anche i suoi Scritti corsari. Ero un accanito lettore dei suoi editoriali sul Corriere della Sera. Lui era dalla parte dei ragazzi di vita, come quelli delle borgate romane e quindi anche di Scampia, di cui esaltava la grande umanità. Ma era anche contro i capelloni e contro gli omosessuali che parlano in falsetto per riflesso degli stereotipi sul loro conto. Se ripensiamo a tutto questo, quelle treccine blu appariranno meno innocue di quanto a prima vista sembrasse.
Lungi da noi pensare di voler reprimere la libertà e la creatività degli adolescenti. Guai se si cercasse di farlo. Chi mi conosce sa che è una mia vocazione premiare la creatività dei giovani. Tuttavia, la libertà non deve mai essere libertà dalle regole ma libertà nelle regole: se c’è una regola di comportamento bisogna rispettarla. Non è andando contro le regole che si afferma la propria libertà. È importante che, soprattutto in una città come Napoli, chi ha un ruolo di classe dirigente in ogni ambito, fosse anche quello di una singola scuola, imponga delle regole e le faccia rispettare. Quando questo non accade è una rovina per la società, ma anche per l’individuo, che potrebbe pagare un costo altissimo nella sua vita.
Certo, il rispetto delle regole è solo la condizione necessaria ma non sufficiente per educare i giovani. Sicuramente non è neppure la cosa più importante, ma è un elemento non trascurabile. Scampia è una zona dove l’assoluta ignoranza e il menefreghismo dei più per le regole è la regola: credo che imporre un codice di condotta minima sia un fatto positivo. Non confondiamo quartieri come Scampia con i quartieri bene della città dove sicuramente, invece, c’è un problema opposto di ragazzi che magari sono troppo sotto controllo e hanno perso la propria libertà, fantasia e creatività.
Ho ascoltato amici che insegnano nelle scuole medie a Scampia: insegnare là è una guerra quotidiana di trincea con i ragazzi, ma anche con le famiglie che hanno comportamenti prepotenti e arroganti al di fuori di qualunque normale regola dell’agire civile. In quel contesto, il rispetto delle regole è un punto fondamentale e, perciò, va il nostro massimo rispetto alla dirigente che ha il coraggio civico di non venir meno alle proprie responsabilità!