La Camera ne ha negato l’uso, ma le accuse mosse dalla procura di Milano a Diego Sozzani non si fondano solo sulle intercettazioni carpite tramite trojan: nella richiesta di custodia cautelare tra le carte dell’inchiesta “Mensa dei poveri” che a inizio maggio ha portato agli arresti di 28 persone tra politici, amministratori e imprenditori, il pm ha allegato il bonifico da 12mila euro alla base dell’accusa di finanziamento illecito mosso al deputato di Forza Italia. Elementi che però una maggioranza relativa trasversale alla Camera ha ritenuto non sufficienti per superare il sospetto di un fumus persecutionis, l’unico requisito in base al quale i deputati dovevano decidere per il sì o per il no alla richiesta di misura cautelare firmata dal gip di Milano.
Perché, dunque, Sozzani è finito sotto inchiesta? La vicenda ha inizio il 29 gennaio 2018. Le elezioni politiche sono alle porte e Sozzani comunica al telefono a Daniele D’Alfonso, titolare della Ecol Service accusato di aver corrotto politici e amministratori locali a Milano e in Lombardia per accaparrarsi appalti nel settore dei rifiuti e delle bonifiche ambientali, di essersi candidato “in un seggio sicuro”. Pochi giorni dopo, il 6 febbraio, il forzista chiama l’imprenditore e gli domanda fuori dai denti: “L’eventuale tuo aiuto quanto potrebbe essere? Perché devo fare il … la cifra finale”. A occuparsi della questione, secondo i magistrati, sarà Mauro Tolbar, collaboratore dello studio tecnico di cui Sozzani è titolare con suo fratello Stefano.
Il 5 marzo, il giorno dopo il voto, Tolbar chiama D’Afonso per dargli l’annuncio: “Siamo dentro… Diego è passato…”. Sozzani, cioè, è stato eletto alla Camera. Il 9 marzo Tolbar alza di nuovo il telefono e illustra il modo in cui, secondo i pm, i soldi di D’Alfonso sono arrivati al neodeputato. Lo hanno fatto attraverso l’amministratore della E.s.t.r.o. Ingegneria di Milano, “il quale invierà via mail una fattura per operazioni inesistenti a D’Alfonso – che quest’ultimo pagherà come concordato con bonifico bancario – proprio al preciso fine di celare l’illecito finanziamento promesso al neo parlamentare”.
La fattura è datata 8 marzo. Il bonifico, eseguito da D’Alfonso, ammonta a 12.688 euro parte il 22 marzo. La dazione di denaro è di 10mila euro, annotano i magistrati, mentre i 2.500 costituiscono la quota concordata dal titolare della E.s.t.r.o. Ingegneria per la sua mediazione, “pari al 25% della somma complessiva”. I rimanenti 188 euro? “Aggiunti per non indicare una cifra tonda e rendere credibile il pagamento”. A quel punto il titolare di E.s.t.r.o, Alessandro Beniamino Crescenti, “monetizza l’incasso e lo consegna, in contanti ed in diverse tranche, a Tolbar che provvederà alla consegna al destinatario finale”. Ovvero Sozzani.
Molte intercettazioni, quindi, alla base di quello che i magistrati definiscono un “quadro gravemente indiziario”. Ma anche documenti: il 23 marzo Tolbar invia una mail al titolare della E.s.t.r.o. in cui scrive: “Ciao, in allegato il pagamento della fattura” ovvero, annotano i pm, “la contabile del bonifico bancario dell’importo di 12.688,00 euro”. Un documento finito nella richiesta di custodia cautelare: “Il P.M. nella propria richiesta ha riportato la scannerizzazione del documento relativo ai movimenti del conto corrente n. xxxxxxxxxxxx della Banca Popolare di Sondrio, intestato alla E.S.TR.O. Ingegeria Srl. (…) – scrive il Gip nell’ordinanza – da cui si evince l’accredito di 12.688,00 euro a fronte di pagamento della sopra citata fattura da parte della Ecol Service Srl”.
E’ il passaggio di denaro che per i pubblici ministeri è alla base del reato contestato in concorso a D’Alfonso, Sozzani e Crescenti: il titolare della Ecol Service lo effettua “in assenza della prescritta delibera da parte dell’organo sociale competente e senza annotare l’elargizione stessa nel bilancio di esercizio“. In pratica, spiegano ancora i magistrati, “l’occulta erogazione di utilità a favore del pubblico ufficiale è stata dissimulata attraverso accordi con società di comodo formalmente giustificativi del pagamento”. Di qui la contestazione del finanziamento illecito.