Bocciata a scrutinio segreto, con 309 no e 235 sì, la relazione della giunta per le autorizzazioni che si era espressa a favore della misura cautelare, decisione annullata oggi dall'Assemblea. Tra assenti e non votanti anche l'ex ministra Grillo e Bersani. Il deputato di Forza Italia è accusato di finanziamento illecito nell’inchiesta “Mensa dei poveri” coordinata dalla Dda di Milano
Diego Sozzani non andrà ai domiciliari. La Camera ha negato l’autorizzazione all’applicazione della misura cautelare nei confronti del deputato di Forza Italia coinvolto nell’inchiesta “Mensa dei poveri” della Direzione distrettuale antimafia di Milano. I voti a favore sono stati 235, 309 i contrari, un astenuto. A fine luglio la Giunta per le Autorizzazioni di Montecitorio si era invece espressa per l’ok ai domiciliari a maggioranza, con il voto a favore di M5S e Pd: una decisione annullata oggi dall’Assemblea, a scrutinio segreto.
A votare la fiducia al secondo governo Conte – sostenuto da M5s, Pd e LeU – erano stati 343 deputati. Oggi a votare sì ai domiciliari – a favore dei quali in sede di dichiarazioni di voto si erano espressi dem e pentastellati – sono stati solo in 235. All’appello, quindi, mancano oltre cento voti, ma per un conteggio più preciso bisogna attendere i dati delle presenze in Aula. Si può fare, però, un altro calcolo: a pronunciarsi contro la fiducia il 9 settembre erano stati in 263, mentre oggi a dire no agli arresti per l’onorevole forzista sono stati in 309. A ballare perciò sono oltre 40 voti, la cui appartenenza resterà nel mistero.
Chi c’era, chi non ha votato: per esempio l’ex ministra Grillo e Bersani
L’unica cosa che si può sapere dal tabulato della Camera sono assenti e non votanti. Tra i due partiti principali di maggioranza gli assenti erano 19, 10 del M5s e 9 del Pd. Tra i Cinquestelle non c’erano Angiola, Cattoi, D’Ambrosio, Fantinati, Gubitosa, Martinciglio, Romano, Segneri, Spessotto e Trizzino. Tra i democratici mancavano Campana, Cenni, Ciampi, Frailis, Gariglio, Gentiloni, Gavino Manca, Mor, Portas. Tra le altre forze politiche che hanno composto la maggioranza sulla fiducia a Montecitorio non si sono visti in Aula il deputato del Movimento degli italiani all’estero Mario Borghese. Poi ci sono i non votanti, cioè i parlamentari che hanno partecipato a parte delle votazioni in programma (o addirittura a tutte) ma non hanno espresso il proprio voto solo nel caso della richiesta di arresto per Sozzani. Anche in questo caso ci si può concentrare solo sui partiti di maggioranza. Nel M5s i non votanti sono stati 3: l’ex ministra Giulia Grillo e i deputati Frate e Tucci. Nel Pd è stato il solo Roberto Morassut (figura molto vicina al segretario Nicola Zingaretti). Tra i Liberi e Uguali l’unico non votante è stato Pierluigi Bersani, mentre non hanno partecipato neanche i due deputati di +Europa Riccardo Magi e Alessandro Fusacchia (che a differenza della senatrice Emma Bonino hanno dato il sostegno all’esecutivo alla prima fiducia). Ultima curiosità: tra i 5 presenti non votanti della Lega ci sono gli ex membri del governo Conte 1 Giancarlo Giorgetti e Lorenzo Fontana.
Il no all’uso delle intercettazioni via trojan
Poco prima la Camera aveva negato l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni realizzate con i trojan a carico di Sozzani. A favore della relazione della Giunta – che si era espressa a inizio agosto contro la richiesta di autorizzazione presentata dal Gip di Milano – hanno votato sì 357 deputati, contro 187. Le astensioni sono state due. Solo il M5s si è dichiarato favorevole all’uso delle intercettazioni. Contrario, invece, il Partito democratico che ha votato, come era già accaduto a agosto, con Forza Italia e la Lega.
Il parlamentare azzurro, che ha depositato una memoria difensiva, è accusato di finanziamento illecito dei partiti per una fattura da 10mila euro ricevuti in campagna elettorale da Daniele D’Alfonso, imprenditore accusato di aver corrotto diversi politici e amministratori locali. In una memoria difensiva inviata alla Giunta, Sozzani aveva parlato di “sicura sussistenza del fumus persecutionis“.
Il centrodestra esulta: “Parlamento non asservito ai pm”
La proclamazione del risultato della votazione è stata salutata da un fragoroso applauso dai banchi del centrodestra. Pochi minuti dopo Sozzani è stato festeggiato da tutti i colleghi di Forza Italia: “Lui è un galantuomo, per una volta il Parlamento non si è asservito ai magistrati”, ha commentato Stefania Prestigiacomo. “Diego – aggiunge un altro azzurro rivolgendosi a Sozzani – era una pazzia, è andata bene”.
Sozzani non ha partecipato alla votazione: intervenendo poco prima aveva annunciato che avrebbe lasciato l’aula per “permettere di votare con il massimo della autonomia”. “Vi dico la mia innocenza. Non mi sottrarrò al confronto con la magistratura ma voglio farlo da uomo libero“, ha detto, dicendosi “distrutto dal punto di vista psicologico”. Le sue parole sono state applaudite dal centrodestra ma anche, timidamente, da qualche deputato del Pd.
Il quale, con Federico Bazoli, aveva annunciato il suo voto per l’autorizzazione alla concessione degli arresti domiciliari “perché non sussiste fumus persecutionis”. Il pentastellato Davide Zanichelli ha espresso “disappunto” per l’esito della votazione, mentre dai banchi del centrodestra si levavano le proteste. Il presidente della Camera Roberto Fico ha richiamato il collega: “Non ci può essere un commento al voto”.
La (sterminata) memoria difensiva di Sozzani
“Mi ritengo un uomo fortunato perché lo status di parlamentare mi ha consentito di non essere oggi agli arresti domiciliari, come invece sarebbe avvenuto per un semplice cittadino”, ha scritto il deputato nella dichiarazione inviata alla giunta. “Pur non avendo chiesto la necessaria autorizzazione a procedere da parte della Camera di appartenenza, gli inquirenti hanno effettuato intercettazioni telefoniche nei miei confronti anche dopo la mia proclamazione quale membro della Camera dei deputati avvenuta in data 19 marzo 2018″ e “per ben 4 giorni gli inquirenti hanno continuato a intercettare le comunicazioni e le conversazioni sulla mia linea telefonica, in palese violazione delle guarentigie costituzionali previste dall’art. 68 della Costituzione“.
Quello della mancata richiesta di autorizzazione non è il solo problema, secondo il deputato piemontese: le intercettazioni, scrive, “sono tutte relative a conversazioni avvenute tra altri soggetti per cui tutto quello che hanno detto lo hanno detto loro, non io”. Ci sono solo “un paio di intercettazioni in cui parlo anche io e sono intercettazioni altamente istruttive: o non dico proprio nulla di concreto o quello che dico è la conferma della mia assoluta innocenza”.
Ancora: “Gli inquirenti hanno individuato nella persona di mio fratello (che non è indagato e che è socio, insieme a me, dello Studio Greenline) lo strumento formale per aggirare il divieto di perquisizione e sequestro nei miei confronti”. In particolare, spiega il parlamentare rivolgendosi alla giunta, “hanno disposto la perquisizione e il sequestro nei confronti suoi e di quello studio per colpire me, nella vana ricerca di elementi da cui trarre spunto per ipotizzare reati totalmente diversi da quelli per i quali stanno procedendo (quindi a fini meramente esplorativi, e dunque, in clamorosa violazione dei divieti previsti dalla legge); nel corso dell’esecuzione poi gli operanti hanno approfittato della situazione per procedere a perquisire anche il mio ufficio personale e a fotocopiare gli oggetti ivi presenti, tra cui, in particolare, un computer che utilizzo per l’attività di parlamentare e un mio quaderno di appunti“.
“Da tali violazioni emerge prepotentemente – aggiunge Sozzani – non solo la strumentalizzazione di una persona innocente (mio fratello) che non ha alcuna veste in questo procedimento, ma anche la sicura sussistenza del ‘fumus persecutionis‘ nella domanda di autorizzazione all’applicazione della misura cautelare, per cui deriva imperiosa l’esigenza di tutelare la libertà di tutti i cittadini e l’indipendenza del potere legislativo, garantendo l’integrità del suo plenum”.