Tutti gli utenti che hanno comprato illegalmente e usufruivano, a 12 euro al mese, dei pacchetti tv al centro degli affari di questa organizzazione illegale saranno "individuati" e "perseguiti: rischiano anche la reclusione, ha spiegato la Gdf. La base in Italia era a Napoli e aveva collegamenti in altre 9 città. Giro d'affari da 2 milioni di euro al mese. Al momento del sequestro c'erano 700mila utenti collegati, giro potenziale da 5 milioni di abbonati
Multe fino a 25mila euro e “rischio reclusione”. È quanto rischiano gli utenti italiani che si erano abbonati alla piattaforma di streaming pirata Xtream Codes, sequestrata dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli. Al momento dello “spegnimento” vi erano 700mila utenti collegati, e un potenziale di 5 milioni di utenti totali, che con un abbonamento da 12 euro al mese riuscivano a guardare i programmi trasmesso dalla principali pay tv e dalla piattaforme a pagamento. L’indagine, svolta in collaborazione con Eurojust, è a carico di 25 soggetti, tra cui due greci, ideatori della piattaforma. La base dell’organizzazione in Italia era Napoli, con collegamenti a Roma, Taranto, Avellino, Caserta, Cosenza, Messina, Vicenza, Bari, Palermo.
Il sistema e la ‘testa’ greca – Sono proprio di Napoli due degli indagati, considerati rispettivamente capo del sodalizio e organizzatore: nel corso di una perquisizione nel capoluogo campano sono stati trovati decoder, materiale informatico e tessere. Come sottolinea il gip di Napoli Fabio Provvisier nel decreto di sequestro preventivo di carte, conti e risorse web, Napoli è il “luogo nel quale può riscontrarsi la operatività della struttura associativa” ossia la “base dove si svolgono programmazione, ideazione, direzione delle attività criminose che fanno capo al sodalizio”. Per Provvisier è stato ricostruito “un sofisticato sistema organizzato di frode finalizzato alla captazione e diffusione di prodotti destinati alla Tv a pagamento, con notevole danno ai titolari dei diritti ed evidente frustrazione del libero mercato”. La ‘testa’, invece, è stata arrestata a Salonicco: Christos Papaoikonomu, inventore e gestore della piattaforma, è stato trovato in possesso di oltre 110mila euro in contanti, criptovalute e numerose centrali.
Multe fino a 25mila euro – “Individueremo gli utenti italiani e verranno perseguiti”, ha spiegato il colonnello Giovanni Reccia, comandante del Nucleo speciale tutela della privacy e frode tecnologica. I finanzieri ritengono di aver smantellato una della più rilevanti organizzazioni clandestine mondiali, ideatrice e principale responsabile della capillare diffusione illegale via Internet delle emittenti televisive a pagamento, le cosiddette Iptv (Internet Protocol Television). “Andremo a individuare coloro che hanno acquistato i palinsesti a un prezzo bassissimo”, ha detto Reccia sottolineando che bisogna rendersi conto che “si commette un reato” rischiando la “reclusione e una multa da 2500 a 25mila euro”.
Giro da 2 milioni al mese – Solo in Italia il giro d’affari stimato era di oltre 2 milioni di euro al mese. “Eclissi”, così è stata denominata l’indagine che ha visto impegnati oltre 100 militari, è stata realizzata con la collaborazione delle autorità giudiziarie di Francia, Paesi Bassi, Germania, Bulgaria e Grecia, impegnate contestualmente in tutta Europa a supporto degli uomini della Polizia Postale. Si tratta di un’indagine tecnico informatica estremamente accurata sulla diffusione dei segnali in streaming effettuato dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni che ha consentito di individuare le sorgenti estere dalle quali parte il segnale “pirata”.
Il ‘servizio clienti’ – Nel corso dell’inchiesta è emerso anche come gli indagati utilizzassero un gruppo su Skype denominato ‘Benvenuti in famiglia…’ al quale partecipavano partecipano 213 utenti per scambiare “istruzioni, files, software “alla stregua di un “vero e proprio servizio clienti”. In questa chat – si legge nel decreto di sequestro preventivo – “venivano scambiati messaggi inerenti il sistema Iptv e i partecipi si adoperavano per fornire i crediti, previo pagamento, a tutti gli altri ed informare circa lo stato dei lavori sui vari server”. Sempre attraverso questa chat “si è accertato che tra i partecipanti avveniva anche lo scambio di software, istruzioni e files, al fine di migliorare l’esperienza dei consumatori finali”.