Giustizia & Impunità

Xtream, la ‘marachella’ rischia di costarvi cara

Se il sole era rappresentato da una trasmissione televisiva fraudolenta, il nome “Eclissi” – attribuito da Eurojust ed Europol alla massiccia operazione hi tech in corso in giro per il Vecchio Continente – è azzeccato.

L’oscuramento ha emulato quello delle 5mila frecce alla battaglia delle Termopili, ma nessuno dei “nemici” ha potuto ribattere dicendo che avrebbe combattuto all’ombra. Forse per destino storico e geografico il blitz – che ha visto scendere in campo le forze di polizia italiane, francesi, olandesi, tedesche, bulgare e greche – si è concentrato sulle sponde del mar Egeo per diramarsi sull’intero territorio europeo.

L’arma del delitto ha una sigla identificativa, Iptv, che molti hanno immaginato significasse tv pirata e invece corrisponde alla diffusione via Internet di segnali televisivi. L’applicazione illecita di questo sistema si articola in tre fasi: l’acquisizione di programmi trasmessi da network a pagamento, la loro conversione in formati video veicolabili attraverso la Rete delle Reti, la diffusione online a soggetti che – anziché pagare il vero broadcaster – versavano un obolo a chi aveva saccheggiato l’emittente regolare.

Il giro degli abbonamenti tarocchi non ha faticato a estendersi in maniera capillare. Il pubblico interessato a proiezioni cinematografiche e a eventi sportivi poteva trovare su Internet le indicazioni per entrare in contatto con i bagarini del web e per fruire di contenuti che avrebbero avuto un costo ben superiore al “pedaggio ridotto” richiesto dagli artefici di questo business illecito. Così come gli spettatori hanno trovato la scorciatoia, anche gli investigatori – con un attento e rigoroso monitoraggio – sono arrivati alla tana del lupo.

Una possente organizzazione internazionale è stata abilmente smantellata grazie a un tracciamento telematico che ha permesso di arrivare all’inesauribile cornucopia di prodotti depredati alle pay-tv con un danno stimato in oltre sei milioni di euro. I pagamenti online e i log delle connessioni hanno fatto il resto, consentendo di smascherare una sorprendente rete commerciale e di trovare chi – cliente apparentemente furbo – alimentava finanziariamente questo genere di malaffare.

I fruitori finali – che pensavano di cavarsela con 12 euro di “abbonamento unico” – adesso devono fare i conti con la giustizia. La “marachella” rischia di costare cara, perché qualcuno già parla di sanzione che prevedrebbe la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e in una multa che supera abbondantemente i 25mila euro. Difficile fare conti in questo momento, perché l’operazione di servizio finora si è concentrata solo sulla banda criminale che ha realizzato l’illecito e sui collaboratori che ne rivendevano il prodotto sul territorio.

Chi ha la coscienza sporca e già ora invoca la clemenza della Corte è bene che faccia un severo esame di coscienza. Nonostante l’immaterialità della refurtiva, l’utente finale ha comunque consumato “merce” di provenienza illecita con una condotta non distante dalla “ricettazione” (reato consistente nell’acquisto di beni illecitamente sottratti a un terzo o derivanti da un delitto di qualsivoglia entità e natura). In quel caso la reclusione andrebbe da 2 a 8 anni e la multa potrebbe superare i 10mila euro.

Per conoscere l’epilogo di questa vicenda si dovrà dare il tempo al Nucleo Speciale Frodi Tecnologiche (che ha avviato la complessa operazione con la Procura di Napoli) e alla Polizia Postale (delegata per un analogo fascicolo alla Procura della Repubblica di Roma) di concludere le rispettive attività investigative e delineare le differenti responsabilità di questa pestilenziale brutta pagina del vivere quotidianamente online.