I sacchetti di plastica inquinano? Non se sono fabbricati usando rifiuti organici di pesce morto e alghe. Non puzzano, sono traslucidi e hanno tutte le caratteristiche ci si aspetta di trovare in un comune sacchetto di plastica monouso, ma sono ecosostenibili. A inventarli è stata la 23enne Lucy Hughes dell’Università del Sussex, che con questa idea si è guadagnata ll premio James Dyson National di quest’anno per il Regno Unito.
Si chiama MarinaTex ed è a tutti gli effetti una bioplastica realizzata riciclando i rifiuti organici di pesce normalmente destinati alla discarica o all’incenerimento, e alghe rosse di provenienza locale che servono per legare le proteine estratte dagli scarti di pesce. Rispetto alla plastica è più resistente, più sicura e molto più sostenibile della sua controparte a base di petrolio. Oltre tutto, per produrre questi sacchetti è sufficiente poca energia (quindi poca dispersione di CO2) e temperature inferiori a 100 gradi.
I sacchetti così costruiti si biodegradano da soli dopo 4-6 settimane, sono adatti per la raccolta della frazione umida, per il compostaggio domestico e non rilasciano sostanze tossiche. Inoltre, il fatto che MarinaTex sia fabbricato con sottoprodotti dell’industria della pesca, riduce i rifiuti generati da questa attività, creando un’economia circolare. Secondo Lucy, un merluzzo bianco atlantico sarebbe sufficiente per generare tutti i rifiuti organici necessari alla produzione di 1.400 sacchetti di MarinaTex.
La studentessa ha impiegato molto tempo a mettere a punto il progetto. È partita dall’enorme flusso di rifiuti generati dall’industria di trasformazione del pesce: esoscheletri, frattaglie, sangue, pelli di pesce e squame. Dopo ricerche approfondite è arrivata alla conclusione che le pelli di pesce e le squame sono le fonti più promettenti, grazie alla flessibilità e alla forza date dalle proteine contenute. A questo punto le occorreva un legante organico, qualcosa a cui queste proteine potessero attaccarsi per creare un materiale robusto e flessibile. Ci sono voluti oltre 100 esperimenti e alla fine Lucy ha messo a punto sia il materiale mancante (le alghe locali) sia il procedimento produttivo. Il tutto non in un laboratorio riccamente accessoriato, ma sul fornello da cucina del suo alloggio per studenti.
1 /5 marinatex-uk-jda-national-winner_2019
La studentessa ha spiegato che “la plastica è un materiale straordinario, ma ci affidiamo troppo a designer e ingegneri. Per me non ha senso usare la plastica, un materiale incredibilmente resistente, per prodotti che hanno un ciclo di vita inferiore a un giorno. MarinaTex rappresenta un vero impegno per innovare l’uso della plastica incorporando valori sostenibili, locali e circolari nella progettazione del prodotto. Come ingegneri, non dovremmo limitarci a progettare la forma e la funzione, ma piuttosto la forma, la funzione e l’impronta”.
La vittoria del premio nazionale James Dyson Award ha fruttato a Lucy 2.000 sterline e le dà accesso al round internazionale della competizione. Se dovesse aggiudicarsi anche quello, incasserebbe 30.000 sterline. Chissà se le permetterebbero di condurre le sue ricerche in un vero laboratorio. A prescindere dalla competizione, Lucy intende commercializzare la sua invenzione e usare la vincita per finanziare ulteriori ricerche per promuovere MarinaTex come risposta globale all’abbondanza di rifiuti di plastica, sfruttando soluzioni locali.
Potrebbe ridurre sensibilmente i cinque milioni di tonnellate di plastica usate ogni anno nel Regno Unito, sempre che i consumatori non siano inorriditi all’idea di confezionare i loro alimenti in sacchetti pesci morti.