E’ finito l’effetto ricostituente della nuova maggioranza per Pd e M5s. Per entrambi il sondaggio settimanale di Emg per Agorà (Rai3) registra un tonfo: i democratici (che restano la seconda forza) crollano di quasi 3 punti, i grillini di poco più di un punto. Certo, il Pd una spiegazione ce l’ha: la fuoriuscita dell’ex segretario Matteo Renzi che secondo l’istituto diretto da Fabrizio Masia raccoglierebbe oggi, all’esordio, il 3,4 per cento, più o meno in linea con altri istituti di rilevazione. Il primato, di gran lunga, resterebbe nelle mani della Lega che è stabile intorno al 33 (perde solo qualche decimale che col margine d’errore del 3 per cento indica solo una tendenza). L’altra notizia della settimana è il nuovo controsorpasso di Fratelli d’Italia (che supera la soglia del 7 per cento) ai danni di Forza Italia e anche in questo caso bisognerà capire quanto la nascita di un nuovo polo moderato con energie fresche (quello di Renzi) possa influire sull’ulteriore decadenza del partito berlusconiano. D’altra parte secondo Masia “il potenziale di Italia Viva è intorno all’8-9 per cento“.

Tuttavia secondo gli intervistati di Emg la scissione di Renzi non avrà conseguenze sul governo. Per una maggioranza relativa (45 per cento contro 37) non cambierà nulla e solo tra gli elettori della Lega la spunta l’idea che l’esecutivo sia meno forte (e qui il pronostico si confonde probabilmente con l’auspicio). A essere in gran parte convinti che resterà tutto come prima sono gli elettori M5s: due su tre rispondono che niente cambierà.

Di certo il giudizio dell’opinione pubblica sul governo non migliora. Le opinioni positive restano al 29 per cento, cioè meno di un intervistato su tre, mentre quelle negative sono quasi la metà.

La fiducia è scarsa anche nel merito delle questioni. Per esempio sulla trattativa tra Italia ed Unione Europea sui flussi migratori. Solo il 37 per cento pensa che il governo riuscirà ad ottenere una “equa redistribuzione” delle persone che vengono salvate nel Mediterraneo o sbarcano direttamente sulle coste italiane e parte dello scetticismo arriva dall’elettorato del M5s, spaccato in due.

Tutto questo però ha un effetto inedito sulla fiducia nei leader. Per la prima volta, dopo molti mesi, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non è più in testa perché in una settimana perde 4 punti (che nel gradimento individuale significa un bel po’). Così nonostante cali di un punto (onda lunga della crisi aperta da lui stesso) il leader della Lega Matteo Salvini torna in testa tra i leader. Inutile aggiungere che Salvini non ha avversari come leader della coalizione di centrodestra.

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