I sindaci siciliani annunciano battaglia contro la compagnia petrolifera texana Panther Oil che ci riprova in Val di Noto, l’area che con le sue spiagge incantevoli, i borghi marinari e i siti archeologici e il suo barocco è riconosciuta tra i siti patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. E se il decreto semplificazioni (legge 12/2019) ha sospeso in tutta Italia i permessi di ricerca e i procedimenti per le relative istanze, con due decreti assessoriali del 5 e del 28 febbraio 2019 la Regione Sicilia ha autorizzato la realizzazione di tre nuovi pozzi esplorativi nell’area interessata dal permesso di ricerca ‘Fiume Tellaro’ già vigente prima della sospensione (dal 2004) e rilasciato un nuovo permesso di ricerca ‘Case La Rocca’, applicando la legge regionale 14/2000 e dando attuazione al Protocollo sottoscritto nel 2014 da Mise, Eni, Regione Siciliana, Comune di Gela ed altri. Una decisione pro-trivelle presa proprio mentre, per esempio, la Gran Bretagna mette sul piatto 25 miliardi di dollari di investimenti per parchi eolici in mare. Nei giorni scorsi i sindaci dei Comuni interessati a nuove attività di ricerca hanno incontrato coordinamento e comitati locali No Triv e i primi cittadini di Noto, Scicli, Rosolini, Modica e Ispica hanno già annunciato che chiederanno al ministero dello Sviluppo economico di intervenire. Anche alla luce delle parole pronunciate dal premier Conte poco più di una settimana fa: “Siamo determinati – ha detto – a introdurre una normativa che non consenta più il rilascio di nuove concessioni di trivellazione per estrazione di idrocarburi”.
IL PRECEDENTE – La battaglia contro la concessione per la ricerca e lo sfruttamento di idrocarburi, che vide in prima linea le comunità locali appoggiate anche da Andrea Camilleri, iniziò già pochi mesi dopo il rilascio del 2004 da parte del governo di Totò Cuffaro. I comuni interessati erano sei in provincia di Ragusa, cinque in quella di Catania e quattro nel Siracusano. L’investimento previsto ammontava a 43 milioni di euro (le royalties del 7%, suddivise per un terzo alla Regione e due terzi ai Comuni interessati), oltre a un contributo per la realizzazione di opere ambientali e infrastrutturali. Da allora è accaduto di tutto: la protesta della popolazione, una rinuncia parziale da parte del colosso dell’oil&gas (che riguardava però poco più del 10% dei 746 chilometri quadri destinati alla ricerca), sentenze del Tar e ricorsi.
LA POSIZIONE DEL GOVERNO REGIONALE – Ed ora, dopo più di quindici anni, la Regione ha dato l’ok alla richiesta avanzata nei primi mesi del 2019 dalla Panther Eureka Srl, oggi Maurel et Prom Italia Srl. Lo ha fatto con un decreto firmato il 5 luglio scorso dall’assessore Toto Cordaro, che dà il via libera alla procedura relativa alla valutazione di incidenza ambientale. La compagnia, in pratica, potrà procedere con un rilievo geofisico all’interno del permesso di ricerca “Fiume Tellaro”, che oggi riguarda un’area di 660,37 chilometri quadrati e sei comuni. “Si tratta di un percorso delineato dal governo nazionale nel novembre del 2018 e attuato dagli organi periferici della Regione, peraltro con giudizio insindacabile, come quello reso nel maggio di quest’anno dalla competente Soprintendenza ai beni culturali”, ha già spiegato ad agosto il governo regionale dopo la notizia della firma del decreto. In una nota il governo guidato dal presidente Nello Musumeci ha contemporaneamente ribadito “la contrarietà a ogni eventuale futura attività estrattiva che possa costituire un pregiudizio per l’equilibrio ambientale e paesaggistico dell’Isola”. Eppure i fatti vanno in un’altra direzione, opposta quella indicata dal governo Conte.
I SINDACI APPOGGIATI DAI NO TRIV – Pronti a fare ricorso i sindaci di Noto, Scicli e Modica, appoggiati dal coordinamento No Triv. Che attacca: “La Regione Siciliana non può disapplicare la legge 12/2019”, ribadendo che le sospensioni previste dalla norma “sono strumentali alla redazione e all’approvazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee” che interesserà l’intero territorio nazionale, Sicilia compresa. “Se il Pitesai è nazionale – aggiunge Enrico Gagliano dei No Triv – le sospensioni non possono trovare attuazione a macchia di leopardo”. Esiste già, inoltre, un precedente: il ministero dell’Ambiente ha già applicato la sospensione prevista dalla legge nazionale 12 del 2019 alla procedura di Via 3355 riguardante il permesso di ricerca di idrocarburi su terraferma ‘Scicli’.
L’INTERROGAZIONE – Nel frattempo, la deputata LeU Rossella Muroni ha depositato un’interrogazione diretta ai ministri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e dei Beni Culturali. “La giunta e i competenti uffici della Regione siciliana – ha scritto l’ex presidente di Legambiente – hanno disatteso quanto previsto dalla legge 12 febbraio 2019 in merito alle sospensioni di legge, optando per l’applicazione della legge regionale 14 del 2000, che insigni giuristi ritengono da tempo incostituzionale”. Secondo la parlamentare “non è accettabile che in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi, e di pianificazione energetica e climatica, la Regione siciliana possa far tutto da sé”. Da qui la richiesta di revocare i decreti del 5 e del 28 febbraio 2019, che rischiano di spianare la strada alle trivellazioni.